L’ho lasciata entrare

Nevica e mi va di parlare della neve. Di quale meraviglia susciti nella mia anima. Finalmente nevica, anche quest’anno. Mi mancava come una magia che non si perpetra, come una promessa in attesa di essere mantenuta. La neve è sempre stata vicina al mio cuore. La neve è sempre stata compagna dei miei sogni e sorella dei miei silenzi leggeri e lieti. Vederla attraverso gli occhi di un cucciolo che la incontra per la prima volta e sembra ipnotizzarsi al suo discendere. Vederla negli occhi di un autore desaparecido che la rende fosforescente e mortale. Evocarla nella canzone di un gruppo musicale, non avendo paura di andare fuori contesto. Ricordare i pupazzi uccisi dal sole e la tristezza nel vederla sciogliere. Richiamare il ricordo di una serata tra amici terminata con una passeggiata solitaria e bellissima sotto le sue algide coltri mentre ognuno tace nel sonno al sicuro sotto le coperte. Una silente armonia che nemmeno il fragore dissennato del lavoro è riuscito a cancellare. Eppure quest’anno il ricordo più caro è legato ad una nevicata estiva, sullo schermo, ed a una meraviglia ancora più grande al mio fianco e nella mia anima. Ed è grande, enorme, insostenibile la mancanza che suscita. Raggela l’anima.

(Delle stelle non oso parlare)

Via di qui

Il viaggio, di per se stesso, ha sempre avuto un ruolo fondamentale per vincere la depressione, almeno per quanto mi riguarda. Fin dal primo viaggio di un certo rilievo nell’ormai lontano 1998 alla volta di Parigi/Londra che fu una vera e propria ciambella di salvataggio, all’ultimo effettuato in Norvegia nel 2010, ogni viaggio è stato una pulsione a conoscere luoghi, persone e situazioni nuove, qualcosa che mi ha sempre molto aiutato a vincere la mia naturale tendenza a chiudermi in me stesso ed a pensare che tutto sia come la squallida realtà quotidiana che ingrigisce anche le cose positive. Oltre che naturalmente ad ammirare la bellezza dei posti, siano essi siti naturali oppure costruzioni artichistiche o architettoniche. Non potendo partire adesso mi metto a sognare pensando a quei luoghi lontani e a canzoni che parlano di quei posti:

1. Guccini: Primavera di Praga

Bellissima, enorme canzone per una meravigliosa città visitata in circostanze piuttosto tragiche, visto che fu una sorta di viaggio d’addio (1997). Ciò non tolse niente al fatto che questa città da sogno entrasse direttamente nella mia personale triade magica insieme a Londra e Stoccolma (per la quale non ho trovato alcun commento sonoro purtroppo ma che rimane nel cuore come prima città visitata completamente in solitaria). La canzone, attraverso il suo lirismo rende assolutamente giustizia alla città, ricordandone alcuni eventi storici, pur senza cantarne la bellezza intrinseca.

2. Litfiba: Paname

  Qui si parla di Parigi, bella città che però non sono mai riuscito a sentire propriamente come un posto che mi appartenesse. Troppo enorme, dispersiva e “francese”, mentre io rimango nettamente più anglosassone o prussiano, senza togliere nulla a una città che per qualche tempo fu pur sempre al centro del mondo. Nel 1998 ebbi un incontro ravvicinato con questa Grandeur, ma anche con il suo quartiere turco…

3. Litfiba e Diaframma: Amsterdam

Case sbilenche, museo Van Gogh e Rijksmuseum (“La ronda di notte” di Rembrandt!!!), i canali, le biciclette ma anche il porto, il quartiere a luci rosse, i coffee shops… serve dire altro? Un coacervo di contraddizioni, un posto dove mettersi decisamente alla prova (2000).

4. Celestial Season: Vienna (lo so, era degli Ultravox ma sono un metallaro che volete….)

Vienna: magnifica, sublime… imperiale! Non entra di diritto nell’Olimpo solo perchè decisamente troppo decadente (intendiamoci, è tenuta come un confetto, ma si respira ancora la brutta fine dell’impero Asburgico, a mio parere) e per la zona del Prater, non esattamente un quartierino raccomandabile ed esteticamente bellissimo. Però se parliamo d’arte Vienna è meravigliosa, visitai una media di 3 musei al giorno, senza contare che poi me li sognai anche di notte. Soprattutto però, l’incontro spirituale con Klimt e l’innamoramento inevitabile con la sua Danae (2005) che ebbi la fortuna di vedere esposta all’accademia Albertina in una mostra, visto che appartiene ad una collezione privata.

5. Misfits: London Dungeon

Di certo non ho conosciuto Londra come Danzig che compose questa canzone mentre passava una notte in galera dopo una rissa ad un concerto dei Misfits. Suppongo non ne abbia un bel ricordo, al contrario di me. 10 giorni dalle parti di Highgate (1998) mi rimisero in vita! Pubs (la guinness!), case con i mattoni a vista, Camden Town (ed il “The world’s end”!!!), lo stadio di Highbury (e l’Arsenal di conseguenza),tutti i monumenti del centro, le gallerie d’arte ed i negozi di dischi: un mondo dentro al mondo! Ci sono anche tornato per il concerto d’addio dei Cathedral…(2011)

6. Corrado Guzzanti: Grande Raccordo Anulare

Altro posto (Roma) del quale non conservo un bel ricordo dovuto alle circostanze (sempre il dannato 1997), anche in questo caso ero un uomo distrutto, ma dopo tutto rimane sempre Caput Mundi.

7. Talking Heads: Road To Nowhere

Ovviamente qui è dove sto andando adesso, pur essendo agli antipodi dell’ottimismo di David Byrne:  questo testo, per come la vedo ora, dovrebbe essere interpretato da un punto di vista assai sarcastico. Comunque il video in stop motion e il motivetto da piccolo mi ipnotizzavano (più o meno come “Heart Of Glass” di Blondie, che sarebbe perfetta per parlare di New York, visto che il video è girato allo studio 54, peccato che io non ci sia mai stato e difficilmente ci andrò).

Anatomia di una battaglia persa

A volte ho la tentazione di considerare la mia vita una battaglia persa. A volte, come ora, ne sono sicuro.  A cosa serva poi studiarne l’anatomia mi risulta oscuro, ma tanto lo farò lo stesso -mi conosco bene, testardo idiota che sono- fino al parossismo. Come quando mi rosicchio le dita fino a vedere il sangue: strappi ogni piccola cuticola e loro continuano beatamente a riformarsi, ora dopo ora secondo dopo secondo.

Uno impiega una vita a capire chi è, a costruirsi impegnativamente una personalità perchè non sopporta l’idea di vivere trasportato dalla corrente di parole e consuetudini, non sopporta l’idea di essere guidato dagli altri nelle sue scelte. Costa fatica, concedetemelo… ebbene fa tutto questo per arrivare all’amara conclusione che ogni porta gli è stata chiusa in faccia: lavoro, affetti, soddisfazioni di qualsiasi tipo. Ok, non è tutto nero, ma grigio antracite sì, direi carbonifero, visto che siamo in tema.

Ed in testa questo marasma che non accenna a tacere, questa festa di dissonanze dodecafoniche sparate a tutto volume. Pensieri che non vengono mai a capo di nulla. Pensieri come scaglie di amianto, scaglie finissime, che si staccano dalla logica portante per conficcarsi in quell’alveolo più remoto del polmone senza possibilità di essere rimosse. Chissà che un giorno germoglino e finiscano per originare qualcosa di nuovo e migliore, di assolutamente adatto a questa realtà.

Per adesso vorresti solo fare, per la millesima volta, lo “zero”, trovare un minimo appiglio, un punto fermo dal quale ripartire, un po’ di conforto per l’anima. Vorresti avere solo gelo e neve attorno, visto che tutto il resto ti è clamorosamente negato. Ma neppure l’inverno fa il suo dannato mestiere.

About

About.

Il presente blog è la continuazione del blog http://www.xerosignal.splinder.com e funge anche da archivio per il suddetto. Purtroppo trasferendo il blog su wordpress, molte informazioni sul vecchio blog sono andate perse (soprattutto i links!), i post sono stati mischiati, alcuni contenuti multimediali persi. Mi scuso per le mie approssimative capacità nel gestire il trasferimato del blog dalla piattaforma splinder che sarà definitivamente dismessa il 31 gennaio 2012.

Chi scrive si è scelto il nome Nxero, Dove la N è effettivamente l’iniziale del mio nome, mentre Xero è un personaggio etereo ed indefinito de “La Mostra Delle Atrocità”, libro mirabile di J.G. Ballard. Di conseguenza “Xerosignal” è la mutazione del titolo di una canzone dei Fear Factory (“Zero signal”) contenuta in “Demanufacture” CD uscito per la Roadrunner rec. nel 1995, e significa, segnatamente, il fatto che il fine ultimo di questo fatto è l’esternazione di determinati pensieri che mi son sentintito di tradurre in pixels, non necessita infatti di fili logici o coerenza particolare condivisa da tutti. Non mi sento un essere limitato che non possa parlare di argomenti apparentemente inconciliabili. Inoltre l’assonanza tra Zero e Xero è sinonimo principe della acquisita consapevolezza di non avere importanza alcuna.

Il Blog in se stesso non si propone scopo alcuno se non quello di tentare di entrare in contatto con persone attraverso la mera esposizione di se stessi e dei propri pensieri, gusti ed opinioni, nella remota speranza di scoprire remote assonanze spirituali con esseri affini, ammesso e non concesso che esistano.

Le generalizzazioni e classificazioni di sorta non sono viste di buon occhio, e vengono utilizzate in sporadici casi (non vincolanti) nei quali si renda necessaria una semplificazione comoda ma assai approssimativa ed imprecisa. Fatta questa pecisazione doverosa, chi spinge questi tasti ardisce a definirsi: spirito libero, anticonformista, antiautoritario, animalista e vegetariano, a tratti può assumere le caratteristiche riconducibili a nichilista, ipersensibile, depresso, misantropo, solitario ed emarginato, volontario ed involontario. Ama la musica pesante ma non ne è schiavo, ama il cinema, l’arte, la letteratura ed ogni forma di espressione nella quale riesca a riconoscere un qualsivoglia tratto comune.

Vorrebbe, infine, udire al suo funerale la seguente canzone:

a band a day.

www.daily.band

Doom Charts

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Nine Circles

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Camminare attorno al tuo pianeta

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