The forces of evil in a bozo nightmare

Una canzone che sa di caffè, di sveglie alle 6 al sabato mattina, di televisione accesa su Mtv per tenersi compagnia mentre ci si prepara per prendere il treno per Milano. E’ il 1994 e tutto va bene. Quando tutti i tuoi amici dormono il sonno degli ingiusti per essersi bevuti l’anima al venerdì sera, aver perso tempo dietro una ragazza indipendentemente dal risultato, aver riempito chissà quale locale, eri già nel nel letto a sognare del giorno dopo. Milano, aria frizzante nel tragitto e occhi verdi assonnati che ti aspettano all’edicola della stazione centrale, quando ti scorgono però si illuminano di una luce che non pensavi che avresti mai potuto accendere in un paio di iridi tanto sensuali e limpide. Son soddisfazioni, anche se non dureranno in eterno come avresti sognato.

“Sono un perdente e allora perchè non mi uccidi?”. Lo farà non temere. E non sarà nemmeno l’unica. Giustizieranno la parte migliore di te ogni qualvolta si azzarderà a mettere il naso fuori dallo spesso scafandro, non avere dubbi, nessuna pietà. Beck si sente un perdente perchè non riesce a rappare come i suoi idoli. Tu perchè sei fuori tempo, sei in perenne scollamento con la realtà, perchè non sai trattenere le poche cose preziose che ti capitano tra le mani. Perchè tenti di essere te stesso ma risulta un fallimento in termini, la maggiorparte delle volte. Non puoi scrivere se non sai relazionarti. E hai un verme su per la manica che rosicchia le tue speranze ed il sogno di non restare da solo.

Le forze del male sono quelle che continuano a ripeterti che sei sbagliato che sei destinato alla solitudine ed alla sofferenza. E l’incubo di uno stupido è quello di arrendersi e fare si che questa profezia si autodetermini. Sai che sono pensieri distruttivi e sbagliati, ma spesso, semplicemente, sei stanco di batoste su batoste, di sconfitte su sconfitte, di abbandoni su abbandoni, anche solo di stare male e di cercare una via di uscita, di vedere che per gli altri, alla fine, qualche soddisfazione arriva, non importa se, magari, fai delle approssimazioni madornali e insensate per vedere certe cose che sono tutt’altro che rosee. Aiuta l’autocompiacimento nel malessere. Altre soddisfazioni. Abbandonarsi alla depressione, senza se e senza ma è comodo, detestare ogni cosa e persona, fare di tutta l’erba un fascio è una tentazione troppo grossa. E c’è solo un modo per liberarsi di una tentazione, c’ è solo un modo per andare fino in fondo ed essere un vero perdente.

Mandate due ragazze a ballare sulla mia tomba. Una bara si aggira per il paese e la morte pulisce parabrezza col sangue. Quindi tagliamo corto, yo.

Ricollaborazioni possibili

Quello che si può vedere qui a destra è un flexi-disc (che purtroppo non ho) uscito nell’anno 1990, per la Earache Records di Digby Pearson ed è la prova fisica della collaborazione di un sassofonista jazz (John Zorn) e il gruppo padre del grindcore Napalm Death. Quando venni a sapere della collaborazione pensai che mi stessero prendendo in giro, invece era vero! Finii per cercare tutto il cercabile sul sassofonista americano e mi si spalancò un mondo davanti.

Ovviamente sapere ed ascoltare tutto di un pazzo logorroico (sia detto col massimo affetto, malpensanti!) che ha all’attivo più di 100 lavori, nei campi più disparati è un’ impresa titanica a dir poco (mi viene in mente il cofanetto da 50 CD di Frank Zappa… ma siamo matti?!) ma almeno i Naked City e “The big gundown”, il disco ispirato (e apprezzato) da Ennio Morricone arrivarono a me povero incolto musicale. Coi primi fu amore a prima vista! Come non innamorarsi di un gruppo del genere… il primo disco mi fece impazzire con riproposizioni come questa:

Immediatamente in grado di far perdere la testa a chiunque, mentre con Morricone era già amore dichiarato e vederlo reinterpretato da una simile mente non poteva non conquistarmi.

Poi i Painkiller, dove Zorn collabora con Bill Laswell e Mick Harris, non sarebbe nemmeno necessario parlarne. Brutali.

Fin troppo evidenti poi i parallelismi con Mike Patton (altro collaboratore) e i suoi Fantômas, i quali, in un album, sono addirittura alle prese con le musiche da film, esattamente come i Naked City… Insomma un vero e proprio orizzonte dischiuso che, di fronte al suo rinnovarsi, nel nuovo disco dei Napalm Death non può che lasciarmi un sorriso compiaciuto sulle labbra.

Almeno qualcuno ride

Almeno la luna sorride… ho sempre provato una grande attrazione per il nostro satellite, sono contento per lei perchè il venerdì 24 si metterà a ridere, assumendo una posizione assai strana alle nostre latitudini (potrete trovare altre informazioni qui) e visto che saranno tre mesi che ho il morale sotto le scarpe un sorriso in cielo è un modo per rompere questo muro del pianto che è diventato il blog. Se qualcuno mi conoscesse bene saprebbe anche che la prima tentazione è stata comunque quella si intitolare questo post “C*#@0 ti ridi?!?” ma non me la sento di essere sempre e irrimediabilmente caustico, lei non se lo merita. Del resto io sono un animale notturno e non posso che trovarla affascinante anche se se la ride quando io sono depresso, probabilmente ne ha facoltà, ed è molto meglio di quando lo fa un umano, comunque. Ecco alcuni dei suoi inni:

Billie Holiday “Blue moon”

Billie in qualche modo canta di me… almeno nella prima parte.

Jimi Hendrix Experience “Little wing”

Moonbeams and fairytales are all I need now.

Sting “Moon over bourbon street”

Strani scherzi che può fare la luna… stare sotto una finestra a lottare contro il proprio istinto nella pallida luce lunare. Eh…

Pink Floyd “Brain Damage/Eclipse”

“There’s someone in my head but it’s not me…”

Nick Cave and the Bad Seeds “Lucy”

La canzone d’amore che avrei sempre voluto scrivere a qualcuna, nella quale la luna gioca un ruolo fondamentale.

in ordine sparso:

ahahahah 😀

The riffmaster

RiffmasterNon avrei voluto scrivere niente oggi, sicuramente non avrei mai voluto scrivere quello che sto per scrivere. Tony Iommi ha un linfoma. Il chitarrista del mio gruppo preferito ha un linfoma. So che non sono eterni e che prima o poi avrei dovuto accettare una brutta notizia su uno dei quattro, però non si è mai pronti abbastanza a cose del genere. Tony ha saputo tirare tanta magia da così poche note, non gli serve essere un virtuoso, poichè lui è un genio.

Un conto è suonare mille note al secondo essere tecnicamente ineccepibili e un conto è essere un genio. Come qualcuno in grado di cambiare per sempre il corso degli eventi, l’evoluzione della musica, con qualche falange di meno per di più. Forza riffmaster, combatti per noi! Non voglio arrendermi a tutte le tragedie che mi ruotano attorno o che mi hanno colpito nell’ultimo anno e spero che non lo faccia nemmeno tu.

Choose another life!

But why would I want to do a thing like that???

I choose not to choose that life… and the reasons? There are a lot of reasons!!!

Principalmente perchè troppe di quelle cose non mi interessano o mi fanno direttamente schifo, se non pena.

Ho scelto di essere me stesso, ho scelto i miei principi, le mie idee, la mia musica, le mie compagnie, la mia curiosità, i miei tormenti e perfino, forse soprattutto, le mie paranoie. Ho scelto di vivere al di fuori del gregge, ho scelto di provare a combattere la paura ed i luoghi comuni, ho scelto di ragionare con la mia testa e di non vergognarmi di quello che sono (ehm… almeno quando non cado verso il basso), ho scelto di andare contro le idee preconcette ed in molti casi alla morale comune, ho scelto l’asintoto obliquo al quale tendere. Ho scelto di non seguire la massa, ho scelto di non spegnere il cervello, ho scelto di essere fedele a me stesso e di provare a scoprire cosa, in realtà, io sia. Ho scelto di giocarmi la vita in questo modo. E questo blog fa parte dell’esperimento…

Nel caso qualcuno se lo stesse chiedendo, no… l’eroina invece non ne fa parte!

C’erano una volta i Litfiba

So che per molti il primo disco dei Lifiba è “El Diablo” o, se si è leggermente più fortunati “Pirata”. Nel primo caso si tratta di un primo lavoro, è vero ma di un nuovo corso che li ha portati verso territori assai diversi da quelli di partenza, il secondo è un live, con sovraincisioni che ne chiude un’ altra.

Alle superiori passai circa un anno intero senza ascoltare molto altro che i primi tre lavori in studio della band fiorentina. Erano come dire, genuini, sensibili ed anche un tantino naif nella loro reinterpretazione della new wave d’oltremanica, e ci stava tutto… Nononstante il metallarismo che iniziava a incunearsi in me, loro fecero decisamente breccia e diventarono fedeli compagni di vita e riflessioni… mi sono venuti in mente soprattutto per questo brano, che aderisce al mio stato d’animo insonne dell’ultimo periodo.

Si sono riaffacciati e non col loro ultimo disco.

E continua l’insonnia. L’ansia. La depressione. La disillusione. La nausea. La solitudine. Il dolore. La rabbia. I pugni contro il volante. Gli occhi iniettati di sangue.

Braccato dalla consapevolezza.

La mia pelle si spacca e non si riforma più

Cosa vedi quando spegni la luce?

 Non posso dirtelo ma so che è mio

Seppellito sotto le coperte, nascosto fino al naso. Osservi il soffitto anche se è buio, sembra quando eri in Inghilterra, steso sul prato di Alexandra park, naso all’aria ad osservare le nuvole attraversare veloci il cielo, non le avevi mai viste sfuggire così tanto, così in fretta. Adesso sembra la stessa cosa,  solo che al posto delle nuvole ci sono i pensieri, che sfilano terribili, veloci, taglienti prima di dormire. Inquietudine sottile come una lama, che si avvicina minacciosa. Un pendolo inesorabile che osservo dal fondo del mio pozzo. Davvero è tutto qui? Null’altro per me? Se è tutto qui allora…

L’unico e la sua proprietà

E’ giunta l’ora di andare. Ciascuno di

noi va per la propria strada: io a mo-

rire, voi a vivere. Che cosa sia me-

glio, Iddio solo lo sa.

Platone, apologia di Socrate.

Da tempo avevo voglia di riprendere in mano un libro della Fallaci. Su di lei si può avere l’opinone che si vuole, ma non so che farci se un suo libro mi ha colpito molto. Erano altri tempi, quando uscì “Un Uomo” avevo pochi anni di vita e ce ne vollero ancora molti prima che arrivassi a leggerlo. Prima che arrivasse a colpirmi ed a parlarmi. Quella che riporto in testa è la citazione posta all’inizio del libro. Quella che riporto adesso è una citazione dell’autrice durante un’intervista:

Un libro sulla solitudine dell’individuo che si rifiuta di essere catalogato, schematizzato, incasellato dalle mode, dalle ideologie, dalla società, dal Potere. Un libro sulla tragedia del poeta che non vuole essere e non è uomo-massa, strumento di coloro che comandano, di coloro che promettono, di coloro che spaventano.

Non so in quanti siano in grado di scrivere un libro su certe tematiche. Un libro che non si appoggi a nessuna idea preconcetta e precostruita, a nessuna associazione di persone.

Spaventa essere nudi. Senza un’idea dietro la quale nascondersi. Spaventa dover fare uscire fuori il proprio coraggio e vivere per quelli che si è, senza nascondersi dietro a nessuno. Ad alcuni spaventa perfino dover conoscere se stessi. Costruire la propria personalità e tenervi fede. Ma, per quanto anche questo sia un asintoto al quale tendere e non sia neccessariamente obbligatorio farsi uccidere per questo… che senso ha esistere senza conoscersi? Senza lottare per se stessi?

Comodi, ma come dire… poca soddisfazione. Al diavolo questa cultura!

Per risibile coincidenza proprio oggi mi arriva dalla Repubblica Ceca un CD di un gruppo di ragazze israeliane che ha in copertina un ritatto di Frida Kahlo mentre lacrima sangue con lo sfondo dello stesso colore della copertina del libro. Una di loro ha tatutato “Bikini Kill” sul polso… gli voglio già bene…

Per una gionata iniziata svegliandosi da un incubo terribile alle 4.36 e minata da una depressione che si radica sempre di più in me, pensavo peggio… anche se il mal di testa mi sta uccidendo ed il mio stato d’animo anche.

Ancora cinque canzoni su di me

Nel passaggio da splinder, sono andati persi anche i testi delle canzoni che tenevo a lato del template… di “You Can’t Kill Rock ‘n’Roll” di Ozzy Osbourne e Randy Rhoads ho già parlato ma, oltre a questa c’erano 4 canzoni più una che, tra le altre, avevo scelto per parlare di me:

1. Negazione “Niente”: Inno adolescenziale, di un ragazzo che si sente diverso, furente e poco incline a riconoscersi nei modelli esterni proposti da quanto lo circonda, anzi li odia proprio… “Per tutto questo solo ed unicamente odio”! Da qualche parte ho ancora tutta quella rabbia…

2. Sepultura “Inner Self”: Canzone leggermente più matura, si affaccia la consapevolezza del sé “Non conformity in my inner self, only I rule my innerself”!

3. Alice In Chains “Nutshell”: La consapevolezza aumenta e comincia a far male “If I can’t be my own I’d feel better dead”.

4. Nine Inch Nails “Hurt”: La consapevolezza si fa autodistruttiva “I focus on the pain, the only thing that’s real”, solitaria “everyone I know, goes away in the end” , ineludibile “try to kill it all away, but I remember everything” e intransigente “You are someone else, I am still right here”.

5. Steve Von Till “Breathe”: Il brano aggiunto. Questa canzone è legata all’estate disastrosamente calda del 2003 e ad una delle poche sincere dimostrazioni di amicizia che io abbia mai avuto in anni, un’ ancora di salvezza anche da me stesso. Grazie Steve e grazie a chi era con me. “A lifetime is too long to sleep” cercherò di ricordarmene…

La tentazione di non esistere

Mi coglie a volte il desiderio di sollevarmi sopra le case, sfiorare le nuvole osservare il mondo dal di fuori. Come un quadro di Chagall ma senza quell’allegria tzigana, senza quelle facce verdi e sorridenti. Come se non esistessi, come se non fossi mai esistito. Osservare le vite che continuano imperterrite a scorrere, le stagioni che si susseguono distorte, l’orizzonte svelare nuove terre. E svanire. Svanite le lacrime, svaniti i sorrisi, svaniti anche i silenzi e gli occhi color della tristezza. Lontano, veloce, inafferrabile rincorrere il nulla. Abbandonare ogni cosa. Cancellare ogni tratto di sé, che è cosa ben differente dall’ uccidersi, non comporta nessuna violenza, semplicemente si svanisce, si cancella anche la memoria delle persone che ti sono vicine. E le si lascia libere (esiste una forma d’amore più grande?). Finalmente fuori dai ricordi indifferenti del mondo, dal registro criminale dell’umanità, dalla connivenza e dai compromessi. Dal dolore e dagli errori. Finire di sentirsi inadeguati, emarginati, reietti. Galleggiare tra le braccia dell’oblio. Riscattare tutto l’amore negato, tutte le lacrime versate, vicini finalmente. Congedarsi dalla solitudine e dal vuoto interiore. Abbracciare infine qualcosa di più grande, sia esso buio o luce.

Non esistere. Mai più.

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