La prima immagine che associo a “Summer On A Soltary Beach” di Battiato mi si presentò davanti agli occhi alle cinque di mattina, mentre cercavo di montare la tenda nell’area campeggio di Pistoia Blues, molti anni fa. Tra cani che si sdraiano sulla tenda ringhiando minacciosi e terra talmente secca che perfino i picchetti quasi si rifiutano di entrarci. Against the sea, le grand hotel Sea-Gull Magique, ammesso che poi canti questo. Comunque, alzando gli occhi, vedo una discoteca improvvisata con un generatore e uno che mette dischi per la gioia di quattro/cinque barboni in evidente stato di alterazione presumibilmente di tipo onirico/lisergica.
Sono le cinque del mattino ed abbiamo viaggiato tutta la notte, sono stanco e sgrano gli occhi, li stropiccio e guardo ancora: sono ancora lì e c’è anche Franco Battiato. Almeno credo che qualcuno di loro lo veda attraverso occhi sbarrati pur essendo a mezz’asta. L’impero della musica che è giunto fino a noi. Non ci sono pedane e non posso nemmeno dire che siano scemi, ma di sicuro si muovono. Piano, incredibilmente piano, le braccia pendolano giù grevi le gambe si muovono di pochi centimetri: avanti, indietro o di lato. Un espressione persa chissà dove. Mi fermo a guardarli un attimo. Sono come sabbie mobili tirate giù. Mi chiedo cosa metteranno dopo se Beethoven o Sinatra. Non me lo ricordo più però. So che sembrano degli zombi ubriachi e danno un senso di irrealtà a tutta la scena. Intorno è tutto un disseminare di tende, materassini, barbecue spenti, ma in giro non c’è ancora nessuno. Sono l’unico segnale di “vita”. E’ uno di quei classici momenti nei quali ci si chiede se la scena che ti si presenta davanti è reale o un parto della stanchezza o della fantasia.
Anni dopo ti ritrovi a percorrere le vie della Valle D’Aosta. Con un sentimento nuevo, che ti tiene alta la vita. Alla ricerca di un cinema che è fra i pochi a proiettare un film tratto da un misconosciuto fumetto francese. Ma non ti arriva nessuna eco ed il cinema non è all’aperto… anzi si confonde talmente bene con le altre costruzioni che non lo noti nemmeno e tiri dritto, fin quando il paese finisce e sei costretto a chiedere indicazioni, torni indietro e finalmente lo trovi. E’ datato ma non squallido, tiene alta la bandiera della settima arte a dovere. Dietro c’è una roccia imponente e indifferente. Non c’è nessuno la sala non è pronta, non arrivano altri clienti, ti domandi se proietteranno ugualmente. Lo fanno. E realizzi il sogno di una proiezione privata.
Erano anni che ci fantasticavi sopra: ma pensa se non si presentasse nessuno, pensa che bello un cinema senza nemmeno un estraneo. L’ombra della tua identità mentre sedevi al cinema oppure in un bar. E ti viene da ringraziare per la compagnia e per il momento, per l’esperienza surreale.
Questo solo per tenere a mente che le luci fanno ricordare le meccaniche celesti e quanto può portare lontano la libera associazione di musica, ricordi e quant’altro, soprattutto quant’altro. Tessere unite dai pensieri associativi. Ognuno rappresenta un legame unico ed indecifrabile.
E il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire.

Grazie a chi c’era ed al cinema Ideal di Verres (AO) per la proiezione e per l’spirazione.
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