
Dopo aver rimandato mille volte a causa di chissà quali paventati impegni, quest’estate ho fatto la conoscenza di “Altri Libertini” di Pier Vittorio Tondelli. Amo i libri censurati ed amo chi li censura perché mi ricorda che la libertà di espressione è una conquista. Finché ci sarà censura ci sarà anche chi si batte contro di essa e questa è un’ottima cosa, tempra il carattere, fortifica lo spirito ed inorgoglisce l’arte. Di solito si tratta di persone interessanti che sanno quale valore abbia la lotta e quanto bello sia esprimersi senza dover pensare a quanto questo possa urtare i benpensanti. Ci vogliono anche loro: è un ruolo fondamentale perché altrimenti non saremmo schifati abbastanza dallo squallore del loro essere limitati e si finirebbe in un paludoso quieto vivere che è anche peggio della censura.
Non ci fa paura, anzi ci stimola a non desistere e, se siamo fortunati, ci fa anche pubblicità gratuita.
Buona parte dei benpensanti arriva dalla provincia, che è un luogo magico. Non a caso “Altri Libertini” venne messo sotto sequestro (risibile, considerato che il libro era ormai alla terza edizione) dalla procura dell’Aquila, che pure dovrebbe essere città universitaria ed aperta culturalmente parlando. La provincia, dicevamo, un luogo dove la cultura più fastidiosa viene tenuta fuori dalla porta. Un luogo dove non arrivavano certi dischi prima degli anni novanta. Un luogo dove il denaro, la razza e il conformismo sono ancora dei valori, se dio vuole. Un luogo dove per lungo tempo non si è fatto altro che lavorare e tacere, forse pregare.
Ritrovarsi fuori dal caotico rimescolamento metropolitano e godersi la quiete ha il suo prezzo ed è questo. Io e l’altra metà del bassistico duo l’abbiamo chiamato “calamitone” e Biella ce l’ha e piuttosto potente. E’ quella forza che ti attira nuovamente alla tua piccola e ristretta cittadina, quando tenti di andare ad un concerto e lei sfodera nebbia e neve per fermarti, è quel torpore dell’anima che ti fa pensare che, in fondo, non è tanto male rimanere a casa a roderti il fegato, è quel sinistro richiamo all’indolenza, al quieto vivere, al silenzio-assenso, è quel quieto tramare dei tuoi concittadini quando si accorgono che stai facendo del tuo meglio per sottrarti al magnetismo seducente e comodo della mediocrità e cercano di trascinarti nuovamente verso il loro baricentro paludoso. Ce l’ha anche Correggio, Tondelli l’aveva già descritto trent’anni prima di noi. E’ tutto in “Autobahn” l’ultimo racconto del libro, il resto sta al lettore curioso scoprirlo.
[youtube http://www.youtube.com/watch?v=vrpJB7ucC5Y]
Ti dirò, un incontro col Pier Vittorio Tondelli mi manca… lo inserisco nella lista 🙂
Per molti versi è stato un incontro crudo e disagevole, ma anche ricco di spunti e sorrisi, con più di un comune denominatore con il sottobosco che generò un gruppo come i CCCP per dirne una… Io l’ho seguito a cuor leggero e ne ho tratto vantaggio.