Halloween is close, baby!

Ecco, io sono uno di quelli che si interrogano sull’opportunità di festeggiare halloween. E’ una festa che non appartiene alla mia tradizione, una festa che a queste coordinate ha poco da dire e festeggiarla sembrerebbe proprio un farsi fagocitare dalla cultura americana che in qualche modo ne ha intessuto la leggenda negli anni, attraverso racconti, canzoni, film e quant’ altro. No, non direi che ci sia nulla da dover festeggiare.

Halloween- John Carpenter 1978
Halloween- John Carpenter 1978

Eppure festa, alla fine, l’ho sempre fatta. E non sono uno che festeggia facile. Un anno ho fatto il bohemien e assaggiato l’assenzio, un altro anno mi sono fatto prendere da uno spettacolo, molto carino tra l’altro, che viene organizzato tutti gli anni da un gruppo locale di attori teatrali, ho partecipato a varie feste. Non c’era nulla da festeggiare eppure trovavo sempre qualcosa da fare. Del resto tutta questa gente che ci troverà? John Carpenter, i Simpson, i Misfits conteranno pure qualcosa no?

Poi non essendo un credente, ma nemmeno un non credente, non posso certo dare credito ai druidi e alle loro dicerie e credenze su samhain, l’oscurità e i fuochi nella notte, non mi sembra il caso, non me la sento. E sembra strano pensare che quest’ anno sarà un ognissanti diverso da tutti gli altri. Mi sono limitato a fare un Jack (O’Lantern) ed è stata una bella esperienza. Come divevano i Type O Negative: Happy halloween!

Jack O'Lantern
Jack O’Lantern

Camminare nel fuoco.

La vita è un gioco d’azzardo in un videotape. Me ne stavo sul ginocchio di mamma. Sto iniziando a vedere la luce. Un testimone della vita. Volevo giocare a football per l’allenatore. Il corpo giaceva nudo. Buona notte. Tutti i poeti studiano le regole dei versi. Faresti meglio a dire addio. Non riesco più a controllarmi. L’odio piega la colonna spinale. Sono così libero. Posso avere il tuo autografo? Domenica Mattina. Con i suoi occhi. Chi ama il sole? Non c’è logica in tutto questo.Devi sentire la gente urlare e gridare. Spero che succeda a me. Sarò il tuo specchio. Facce e nomi. Fuoco sul tappeto. Non è carina la festa? Dopo la notte scorsa pensavo che sarebbe finita con lui. Perché non stai mai zitto? Il soffitto è alto. Il povero beve e piange.*

A volte mi sento così felice

E a volte mi sento così triste

Ma la maggior parte delle volte mi fai semplicemente impazzire.

In giro si respira un’aria satura di umidità, si appiccica sulla pelle. In giro ci sono ombre allungate e volti scavati. L’autunno newyorkese e le scariche elettriche. Corvi colorati di carbone friabile. In giro ci sono le onde radio che trafiggono i muri e Berlino che resta un enigma a metà. In giro c’è lei chiusa in una stanza, c’è un uomo con 26 dollari in mano. Una donna allo specchio e degli stivali luccicanti. La sangria nel parco. In giro c’è marte riempito di macchine parcheggiate. In giro ci sono pensieri che non vogliono posarsi sulla carta, ci sono uomini che passano in mezzo al fuoco. Una passeggiata nella parte tranquilla.

Lou Reed
Lou Reed

*Questa parte è stata fatta aprendo a caso le pagine del libro “Ho camminato del fuoco”.

Cancelleria inutilizzata

Parole mai scritte
Parole mai scritte

In questo periodo di magra, nel quale non riesco a spiccicare una parola su questo blog, mi è tornata in mente tutta la cancelleria che ho inutilizzata. E non per mancanza di idee stavolta. Ma perché alcuni quaderni sono semplicemente troppo belli per scriverci sopra: hai sempre paura che le tue parole non siano all’altezza di quelle pagine dall’indiscutibile fascino. Amo i quaderni ma su alcuni non riesco proprio a scrivere. L’esempio è principe è quello di un quaderno nero a righe che mi regalò all’epoca mia mamma: giace ancora intonso. Un’altra volta mi regalò una bellissima carta da lettere coi delfini, credete sia riuscito a scriverci? Probabilmente  è stata preda della muffa, io non ce la facevo, nemmeno a mandarla a qualcun’altro.

I miei quaderni preferiti sono quelli tutti neri, vecchi, con le pagine tinte lateralmente di rosso e le tabelline in fondo, i quadretti delimitati da due righe rosse laterali. Tuttora imbattibili, nonostante le varie moleskine e paperbacks. Poi adoravo un temperino a forma di topo (per aprire il serbatoio gli tiravi la coda) ed un pennarello a forma di gatto. il primo l’ho provato una volta faceva una punta affilatissima, peggio di un rasoio, il secondo aveva un tratto grasso e simpatico… ma non ci feci mai nulla di concreto dopo averli provati. Facevano una coppia perfetta e chi ero io per dividerli quando il gatto si fosse esaurito? Era un’eventualità che non sapevo affrontare e non affrontai.

Amo le penne stilografiche, trovo che siano un’ entità perfetta che non ha nulla a che fare con le volgari penne a sfera. Queste entità si ostinano a mostrarmi la loro superiorità intrinseca macchiando le mie dita meschine ogni volta che le impugno. Ma sbaglio io: hanno troppo fascino per essere usate. Ho addirittura una mont blanc che viene tenuta come una regina, una tozza pelikan, che si fa beffe di me col suo inserto madreperlato, anche se non ho ancora avvicinato una parker 51, storica stilografica, nonostante un paio di volte io abbia anche ardito a cercarla su e-bay, ma, finora, non ho osato nemmeno acquistarla.

Ho molta cancelleria intonsa. Un quaderno con la copertina rigida a quadretti azzurri su sfondo bianco, il raccoglitore con la cartina di Londra l’ho usato solo l’anno scorso. Ognuno ha le sue turbe.

“Love letter, Love let her. Go Getter, Go get her. Love letter, Love let her. Go teller, Go tell her.”

Ecco loro mi mancano

Jacopo Battaglia (Zu) live at Carnemvale MI
Jacopo Battaglia (Zu) live at Carnemvale MI

Non so, sarà la mia patria, sarà quello che volete ma a me gli Zu mancano. Sul serio. Erano uno dei pochi gruppi che mi rendevano fiero di essere italiano, erano uno di quei gruppi che mi ha fatto assistere ai suoi concerti in posti incredibili, come il glorioso Perchè No? di Verbania (ci suonarono anche i Converge!) con Joe Lally dei Fugazi, il festival Carnemvale a Milano, al Leoncavallo col sassofonista degli Stooges e i Flying Luttenbachers,  all’ O2 di Torino con Mike Patton (che era solito chiamarli “i miei italiani preferiti”), e dai diciamo anche all’ Hiroshima con un gruppo che ho amato detestare come il teatro degli orrori, per tacere delle luci della centrale elettrica. Anche a Venaria di supporto a Melvins/Fantômas big band, niente meno.

Alla fine Ero sempre lì per loro. Sentirsi dire da Jacopo Battaglia che poi, alla fine, “Carboniferous” potevo anche masterizzarlo, quando gliene chiesi due copie, oppure vedere Massimo Pupillo bucare il rivestimento fonoassorbente sul soffitto del Perchè No?, o Luca T. Maj che tamburella sul fido sassofono. Li ho visti davvero tantissime volte ed ogni volta mi sono divertito, una volta poi alla Rock’n’roll Arena ho anche ballato (io?) tutto il tempo. Che poi erano anche riusciti ad incidere con Steve Albini, a farsi pubblicare su Ipecac, a fare cose che nessun italiano ha mai fatto prima.

“Chiuso” in tedesco, ma anche “piede” in cinese, “testa” e “disegno” in giapponese. Zu in italiano. E mi mancano.

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