Prisoners of rock’n’roll parte 2

Cosa spinge un quasi settantenne su un palco a cantare e suonare? Cosa spinge due persone a prendere mezza giornata di ferie farsi due ore in automobile all’ andata e due al ritorno, quando il giorno dopo sanno già che sarà una giornata infinita al lavoro? Uno potrebbe dire i soldi in un caso e la follia in un altro, possono essere risposte vere, ma nella realtà mi piacciono poco: la verità e che sono tutti e tre prigionieri del rock’n’ roll. Solo questo. Semplicemente questo.

La verità è che alle loro venerande età non si sono ancora arresi a chi li vorrebbe vedere spegnere i loro amplificatori. La verità è che non si sono ancora arresi a chi li vorrebbe gettare via le chitarre, vere o fatte d’aria che siano.

Neil Young arriva a Barolo, in mezzo ai vigneti del piemonte. Il piccolo paese è già sufficientemente invaso quando arriviamo sul posto, di certo il rocker che si esibisce stasera rappresenta una parte importante dell’evoluzione stessa della musica “popolare”. Io però non sono un suo fan sfegatato, i fan sfegatati sono una brutta bestia, se ne stanno a riempire pagine e pagine sul fatto che la scaletta non abbia risposto alle loro aspettative, cavillano sui componenti della band e fanno costantemente a gara a chi ne sa di più sul loro idolo. Ovviamente sono stato ( e sono tutt’ora posseduto) da questo demone ma non nel caso di rocker Young.

Quindi, come dire, sono prigioniero del rock’n’roll ma libero di vivere la serata con leggerezza. No, non è del tutto vero, il mio cuore segretamente spera che faccia “Danger bird”… ci spera sul serio e alla fine dovrà accontentarsi di quella che esce dalle casse dell’auto dell’amico/compagno di sventura. Pazienza, è un attimo la durata del rimpianto.

Per il resto mi godo le dolci colline pervase di viti, l’atmosfera del concerto dopo tanto, tantissimo tempo. La pioggia, costante di questa estate, rischia seriamente di rovinarla quest’atmosfera… mezz’oretta di rovesci si abbattono su di noi, lasciando, fortunatamente, il campo alla musica.

Quel suono di chitarra e quella voce, possono davvero renderti piacevolmente prigioniero, sia che cerchino un cuore d’oro o che soffino nel vento, la magia è intatta. Il cielo, l’anima ed il rock’n’roll.

NEIL YOUNG & CRAZY HORSE live@Barolo (CN), Collisioni Festival , 21 Luglio 2014
NEIL YOUNG & CRAZY HORSE live@Barolo (CN), Collisioni Festival , 21 Luglio 2014
NEIL YOUNG & CRAZY HORSE live@Barolo (CN), Collisioni Festival , 21 Luglio 2014
NEIL YOUNG & CRAZY HORSE live@Barolo (CN), Collisioni Festival , 21 Luglio 2014
NEIL YOUNG & CRAZY HORSE live@Barolo (CN), Collisioni Festival , 21 Luglio 2014
NEIL YOUNG & CRAZY HORSE live@Barolo (CN), Collisioni Festival , 21 Luglio 2014
NEIL YOUNG & CRAZY HORSE live@Barolo (CN), Collisioni Festival , 21 Luglio 2014

Per chi non lo sapesse Neil Youg e Jim Jarmusch sono grandi amici. Oltre che prigionieri.

Prisoners of rock’n’roll parte 1

Solo gli amanti sopravvivono
Solo gli amanti sopravvivono

Ho aspettato per tanto di quel tempo di vedere il nuovo film di Jim Jarmusch che quando ho visto la copertina apparire nel sito del mio cinema di fiducia (nonché quello preferito) ho pensato che alla fine sono una persona fortunata. I gestori ancora tengono in bella vista la locandina di “Stranger than paradise” quindi sotto sotto, anche se il tempo passava, ho sempre segretamente sperato che prima o poi il film in questione facesse la sua comparsa.

Jim è un vero prigioniero del rock’n’roll, uno che vive respira e, forse anche filma, la musica. Il fatto che ci riesca ne fa automaticamente un artista. Uno che comunica secondo linguaggi complicati: esiste qualcosa che sia più complicato di mettere la musica nei fotogrammi? E’ come intrappolare la luce, inscatolare un profumo, ingabbiare una sensazione e tutto segregare, senza ricorrere ad alcuna forzatura o atto coercitivo. Jim ci è riuscito. I primi minuti di questo film compiono il capolavoro e non possono toccare nel profondo chiunque ami questa forma d’arte celebrata, giustamente, dalle immagini. Vi dirò solo che, a un certo punto, il cielo comincia a ruotare…

Tangeri, secondo me, è un tributo a William Burroughs che li ha vissuto in disparte a nutrire la sua assuefazione, lì vive Eve aliena anch’essa a sfamarsi di sangue, contrabbandato da William Shakespeare (o chi per esso) sotto mentite spoglie. Che idea. Il classico e l’anticlassico si incontrano in Marocco, dove una vampira stringe libri al suo cuore. Che appartiene a Adam che sta a Detroit, nella città dei fantasmi, del sogno americano infranto, della risposta americana -la produzione!- che ha finito per avvolgere su se stessa un manto funebre. Si contorna di chitarre leggendarie, ne ammira la foggia e l’equilibrio delle forme, il suono e l’anima che si sprigiona da esse. Suona note che si rifiuta di divulgare. E non sono mai soli, la distanza non li piega.

Hanno imparato a non uccidere, hanno imparato ad evolversi anche se non possono esimersi dalla loro stessa conservazione. Solo gli amanti sopravvivono.

Risaie.

Facevo a serpentina tra i riquadri di terreno seminati a riso. Era buio pesto ed ero stanco, c’erano riflessi e lampi dei fari delle auto che non riuscivano a vincere sull’oscurità. Un sentimento greve che mi auscultava il petto, ah gelido stetoscopio: un cuore che batte nel buio non necessita di essere amplificato per essere sentito. E’ un tamburo che si agita, poi si calma e poi s’agita ancora! Credeteci, il nulla circostante è sufficiente come cassa di risonanza, non abbisogna d’altro: davvero gli basta battere, battere e poi battere e non smettere. Non gli serve vedere la luce per sapere che esiste.

Se un’immagine è immortale che lo sia per sempre dunque. Se il buio delle pupille s’è fermato, che si fermi innanzi ad un altro buio, sia pure con un’anima dietro. Lo specchio della mia anima si arrossa spesso di sangue. E’ fastidioso ma non fa così tanto male, questione di abitudini, sbagliate quanto volete. Ci sono specchi d’acqua tutto intorno ma solo un pensiero banale fa pensare che siano piantagioni. Un bambino ci vorrebbe nuotare dentro, incurante delle bisce e dei veleni. Un bambino ci starebbe giorni e giorni e sarebbe un bel teatro per le sue bracciate spensierate, una bella fucina per i suoi sogni incontaminati.

A volte penso che la paura sia solo di questo mondo. A volte penso che tu la possa  vincere. E questo pensiero mi fa sorridere. E mi fa pensare che mentre percorro strade solitarie ed oscure, sotto la pioggia e circondato dall’acqua, c’è sempre una luce che non si spegne mai.

L’utima tentazione

Visto il posto dove si terrà il concerto di cui ho disquisito nel penultimo post mi si è instaurata una idea malsana, almeno per uno che ha vissuto a pane e valvole per una buona metà e qualcosa della sua vita. E se, per una volta, andassi ad un concerto di musica classica, dove di amplificatori e valvole non se ne vede nemmeno l’ombra? Se, per un istante, fossi rapito da una tenebrosa estesi mistica senza tempo, mesmerizzato dalla bacchetta magica di un direttore di orchestra, da una rullata di timpani, da uno squillio di ottavino, da un gracidare di basso tuba o dal ronzare di un violoncello?

Roba con la quale non si scherza temo. Roba che fa tremare le ginocchia. Roba da far impallidire uno che si vanta di aver mangiato pane e musica fino ad oggi. Una sorta di terra incognita (quasi) totalmente inesplorata, se escludiamo quel bambino che si ascoltava i vinili di musica classica traendoli da un cofanettone del Reader’s digest che aveva avuto l’agghiacciante idea di (provare) a fare la classifica di tutti i compositori. I tempi delle “Variazioni goldberg” suonate da Glenn Gould, dei brani di Debussy eseguiti da Arturo Benedetti Michelangeli erano ancora molto aldilà da venire. All’epoca mi bastava immaginarmi le carovane di beduini nel deserto avanzare tra le dune al suono del “Bolero” di Ravel, che, in tributo alla mia infanzia (e alla mia ignoranza in materia, visto che i saccenti mi dicono essere poco più che una sorta di esercizio), credo sarebbe la prima cosa che andrei a vedere insieme alla famosa “Toccata e fuga in Re minore” di Bach… e magari anche la “Notte su montecalvo” di Mussorgskij.

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