Ognuno di noi si ciba di esperienze, erode il mistero della vita con l’illusione della conoscenza. Indurisce la corazza, in modo che diventi sempre più arduo romperla, ma anche più difficile penetrarla. Ognuno di noi cessa progressivamente di meravigliarsi. Di stupirsi di fronte alle cose, come se su tutto si posasse un velo di polvere che impedisce agli occhi di assaporare la bellezza dei colori.
Colori incuneati nell’anima, nascosti alla vista del mondo. Iridi frementi d’amore celato che nessun immagine mortale potrà fissare senza esserne divorata. Come l’anima che si consuma d’un fuoco che arde lentissimo e costante. Come l’anima che diventa fumo impalbabile ed effimero per sfuggire alla vista. Come fumo che non può essere imprigionato in forma alcuna eppure resiste ad ogni tentativo d’essere spazzato via.
Ho dovuto nascondere la fiamma in anfratti lontani dallo sguardo degli dei. Ho dovuto curare il dono di Prometeo e al tempo stesso nasconderlo, perchè la mia consapevolezza è peccato ai loro occhi immortali. Ma io che mortale sono sempre stato, non posso impedirmi di bruciare sia pure in segreto. E consumarmi in voluttuosi rivoli sottili e screziati di grigio, incuranti dell’ira divina. Non ho sfidato gli dei, non ho giocato col fuoco, non ho provato diletto alcuno in questo. Non ho scelto di custodire la fiamma, essa custodisce me. Non ho scelto la luce, essa mi illumina.