È solo un’influenza

Questo è stato l’esordio classico di tutta la faccenda, qualche tempo fa, com’è andata a finire penso che sia sotto gli occhi di tutti. Ma con influenza non si intende solo la diffusione di un virus. Esercitare influenza su un’altra persona è qualcosa di ancora diverso. Significa indurre un’altra persona a pensarla in un certo modo, avere il potere di far cambiare punto di vista a qualcuno. Ed è pieno di persone di questi generi, si parte da quelli che cercano di venderti un maledetto shampoo, ad altri che cercheranno di vendere idee preconfezionate e pronte all’uso alla gente, ad altri ancora che metteranno a letto la democrazia con la scusa di un virus. Nessuno di questi è oggetto specifico di questo brano: qui voglio parlare di tutti quelli per cui il rock’n’roll è morto, il metal fa cagare, non torneranno mai gli anni ’70, ’80, ’90. Ora l’ultima osservazione è oggettivamente e incontestabilmente vera ma quando mi si dice che la musica pesante è morta ho, nell’ultimo periodo, almeno un paio di buoni motivi per dissentire.

Se pensi di essere troppo vecchio per il rock’n’roll allora lo sei, diceva san Lemmy, ed ascoltando il nuovo dei Kvelertak non posso che essere assolutamente d’accordo. Il disco è una bomba di rock’n’roll iperadrenalinico da togliere il fiato, di gran lunga quanto di meglio mi sia capitato di sentire ultimamente. Certo qui lo scan-rock dei primi Hellacopters e dei Turbonegro si sente tutto ma la cosa bella dei Kvelertak è l’eclettismo, la personalità che ci mettono. Se il primo disco era un fulgido esempio di commistione rock-black metal (e sfido chiunque a mischiare questi due generi risultando credibile…) ed il secondo aveva consolidato le cose, col terzo ammetto di essermeli un po’ persi. Ma questo disco, al netto di cambi di formazione e tutto quello che è intercorso nel frattempo, è forse, fin da subito, il migliore candidato a disco dell’anno in ambito pesante. La cosa bella di questo lavoro è la sua fluidità, scorre dall’inizio alla fine con una facilità invidiabile, poi è ben prodotto, ispirato e ci si ritrova con le corna in altro a scuotere la testa che è un piacere. Ci infilano dentro schegge impazzite di Black e thrash metal, come pure momenti decisamente più ariosi e melodici e mi sento di dire che tutto fila decisamente alla perfezione. Se non mi credete ascoltate questa:

Nel secondo caso, qualche mese fa siamo rimasti orfani degli Unsane. Tristezza per la fine (temporanea?) di una grandissima band che personalmente ho visto e rivisto dal vivo uscendone sempre con un sorriso a 32 denti, pur rischiando di lasciarne indietro qualcuno durante l’esibizione. Ma Chris Spencer non se ne sta certo con le mani in mano: recluta qualche vecchio amico e da vita agli Human Impact finendo sotto contratto con la Ipecac di Mike Patton niente meno. Ora non che gli Unsane abbiano mai variato di molto la loro proposta sonora, un pesantissimo macigno suburbano messo in musica, quindi non saprei cosa aspettarmi dal buon Chris. La sua impronta non può non esserci, ma qui siamo più dalle parti del progetto parallelo Celan, il cui disco era uscito qualche anno fa. La musica riduce il suo impatto frontale per insinuarsi ed assestare il colpo per vie traverse: i suoni si fanno cupi e adorni di inserti dal sapore vagamente industrial come se la violenza si fosse mutata da fisica a mentale. Un esperimento decisamente interessante e riuscito come non sempre la band madre era stata in grado di fare (mi viene in mente soprattutto il poco focalizzato “Blood Run”), un’evoluzione interessante pur guidata dall’inseparabile Telecaster nera.

Non date retta a nessuno.

Formati della musica

In un tempo di pandemia mettersi a discutere di musica potrebbe apparire superfluo, superficiale e fuori luogo. Ebbene non lo è. Perchè senza la musica la vita sarebbe un errore e non l’ho detto io, per tanto finché c’è vita c’è musica e, per quanto mi riguarda, spero che ce ne sia anche dopo. Ogni giorno siamo bombardati da tutti i lati da notizie sulla pandemia, da catastrofiche visioni e immagini tragiche. Senza voler mancare di rispetto a nessuno, per un momento, può anche valere la pena distendersi un attimo con della buona musica, ma in quale formato? Visto che la maggior parte di noi si ritrova in casa mi verrebbe da dire che non esiste migliore condizione per riprendere in mano la vecchia collezioni di vinili e cominciare con gli ascolti mentre il vicinato spara robaccia a caso come dragostea din tei o altre immonde porcherie sonore, possibilmente sovrastando di gran lunga in volume una siffata immondizia sonora.

Del resto, volendo evitare qualsiasi tipo di commistione con altri esseri umani, l’ideale rimane scaricare musica da siti che, si spera, supportino a dovere gli artisti come bandcamp. Lo streaming, mi scuserete, ma non lo prendo nemmeno in considerazione. Una discografia degna di questo nome già stona in un HD o un SSD figuriamoci in uno spazio virtuale a pagamento. Con buona pace di tutti gli appartenenti a questo nuovo filone di pensiero cosiddetto minimalista che considera il supporto fisico uno spreco di spazio, io non permetterò mai che si venga meno alla copertina, ai testi e anche alla gioia di tenere in mano un disco nuovo. Al diavolo lo spazio, la tristezza che mi fa una casa senza dischi (senza stereo!) ma anche senza libri non posso spiegarla a parole. E mi spiace se è antiecologico, io sono già vegetariano (quasi vegano ormai) dal ’94: la mia parte l’ho fatta e continuo a farla, lasciatemi con i miei amati dischi.

Ma veniamo a noi, ecco una personalissima disamina dei vari formati di musica.

Vinile: Mi verrebbe da dire la definitiva esperienza sonora che potete fare a casa vostra. Il vero feticcio voodoo di ogni musicofilo che si rispetti: una copertina di un formato nel quale non è impossibile cogliere particolari invisibili altrove, una busta interna spesso non scevra da bellissime sorprese (e non sto parlando solo di Lies dei Guns’n’ Roses!) e poi il pezzo di vinile sempre meno nero. Nulla batterà mai il vinile per quanto mi riguarda. I Difetti sono che è estremamente fragile e tende a usurarsi man mano che viene utilizzato, ma se ne avete cura non vi tradirà troppo velocemente e vi garantirà una resa che un supporto digitale fatica ad offrire anche se, per essere apprezzata appieno, necessita di un impianto come si deve. Attualmente è un formato caro, impegnativo ma elegante e prezioso, io cerco di riservarlo solo a quei dischi che reputo veramente meritevoli… chessò avere il vinile di un disco mediocre non sarebbe comunque questa gran cosa.

Primo vinile preso: “Every Breath You Take” 7″ dei The Police

CD: Anche i CD sono una parte importante di me. Sono cresciuto con i CD in un’epoca in cui il vinile era pressoché scomparso per poi rientrare prepotentemente solo in seguito. Chiunque fosse stato adolescente o post- adolescente negli anni ’90 sicuramente ha avuto nei CD il supporto più popolare. Il vero pregio è che, se correttamente manutenuto, è pressoché eterno e non peggiora con gli ascolti, il difetto è che ha un suono “freddo” decisamente poco avvolgente, un po’ come la luce fredda delle lampade a LED: brilla senz’anima. La copertina ha un formato decisamente risicato anche se era bella l’idea del libretto interno piuttosto della busta dei vinili.

Nota: attenzione a comprare ristampe in vinile di dischi usciti originariamente in CD, mi è capitato con i Kyuss e devo dire che, in quel caso, i CD suonano molto meglio. Probabilmente il master della registrazione non era settato per le caratteristiche del vinile… Difficile a dirsi.

Primo CD : “Nevermind the bollocks” dei Sex Pistols

 

MC: Ultimamente c’è stato un ritorno a questo formato che, onestamente, tra tutti quelli fisici è quello che mi esalta meno, benché ci sia stato un periodo, all’inizio, dove non avendo un piatto, compravo praticamente solo cassette. La copertina è ridicolmente piccola (in certe cassette della EMI è ancora più piccola), la resa sonora scarsa e, al giorno d’oggi, non ha nemmeno più senso come supporto versatile per le registrazioni, quindi, nonostante il revival tendo a non considerarlo molto. Inoltre ha la sinistra caratteristica di smagnetizzarsi e le testine parimenti sono tutt’altro che eterne. Obsolete.

Prima cassetta presa: “Back In Black” degli Ac/Dc

MP3: Questa è storia recente… tutti conoscono gli mp3, si tratta di files compressi che tagliano certe frequenze per risultare meno “pesanti” in termini informatici. Sicuramente comodi per un utilizzo versatile per evitare di rovinare, portandoli in giro, i supporti fisici. In tempi di pandemia anche piuttosto antisettici visto che uno se li scarica direttamente sul PC, senza contatti fisici con i rivenditori. Tutto questo a discapito del fascino che è assolutamente assente. Personalmente mi servo, se possibile, da Bandcamp che mi sembra il mezzo anche più rispettoso nei confronti degli artisti. Se avete notizie diverse fatemelo sapere.

Primo MP3: Qualcosa di scaricato da Napster alla faccia dei metallica

PS: è stata rinviata l’uscita dell’esordio di questo affascinante progetto ma sono giorni che ho in testa questa canzone… dannato virus.

 

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