
Posso dire solo: finalmente! dopo aver perso almeno tre occasioni per vederli la scorsa estate a causa di sfortunate coincidenze, sono riuscito a vedere i Messa. Sono anche meglio di quanto io avessi sognato la prima volta che ascoltai “Feast for water” forse cinque anni fa.
Arriviamo al Legend abbastanza presto, il locale è molto minimale, ricorda in qualche misura il Magnolia: bar prefabbricato, giardinetti esterni (oggi inutilizzabili causa clima) e sala concerto. Il prezzo della birra è abbastanza da rapina (7€ per una pilsner media?) e non è facile parcheggiare, al punto che l’auto la lasciamo in un parcheggio che dovrebbe chiudere alle 21:30 ma che, dopo ripetute assicurazioni del barista, scopriamo che non chiuderà. Simpatico anche il fatto che il bagno sia accessibile solo dalla sala concerti, per fortuna lasciano entrare per incombenze non procrastinabili anche durante il soundcheck… almeno non c’è una tessera da fare.
Dopo la birra di rito, apprendo che ci sono due gruppi in apertura di cui non sapevo niente. Circa i suddetti posso dire solo che, una volta passata una certa età, il tempo si assottiglia e perderlo in questo modo è un peccato: circa un’ora e mezza della mia vita che non riavrò indietro. Peggio, un’ ora e trenta minuti che ho passato in braccio alla noia, per essere gentile.
Apre il primo gruppo, i Di’aul, e proprio non ci siamo: Sludge/hard rock di pessima qualità, con il batterista più noioso del mondo anche in grado di perdere i colpi nelle poche rullate che fa, non un riff che ti coinvolga, basso insistente e voce filtrata con cantante impegnato a scimmiottare John Garcia. Da dimenticare, a parte la maglietta dei Mother love bone del cantante.
Può andare peggio? Certo. Partono gli Eralise: non riesco nemmeno a parlare di un gruppo che suona tutto il concerto con le basi in sottofondo, con tanto di cori della voce… ti domandi: ma chi cazzo sta facendo i cori? Poi ti accorgi che c’è una base con dei suoni elettronici e la voce che fai i cori… non dei campionatori, proprio una base. Tremendi. Anche qui nulla degno di nota, oltretutto con una certa arroganza il cantante afferma che se non abbiamo ascoltato i loro brani su spotishit è male… niente affatto: spotishit è il male e voi siete anche peggio.
Non so chi abbia scelto questi due gruppi per aprire il concerto ma se penso che possono aver tolto del tempo ai Messa, sto male. Mi dicono che in altre occasioni abbiano suonato anche di più che qui quindi, vista l’ordinanza che impone la fine a mezza notte, il dubbio mi viene.
Manco a dirlo dopo cotanta tribulazione, salgono sul palco i Messa, dopo una lunga intro ha inizio la magia: innanzitutto i suoni sono stupendi, chitarra e basso macinano quasi all’unisono con una pachidermica presenza, quasi da gruppo drone metal in certi frangenti. Questo senza dimenticare che il chitarrista Alberto, di cui si festeggia il compleanno con canzoncina cantata dal pubblico annessa, ha una preparazione notevole di cui farà sfoggio qua e la, soprattutto nell’introduzione di “Pilgrim”, e riesce perfettamente a coniugare i passaggi jazzati e i riffoni roboanti. A volte portarsi dietro il proprio fonico serve, anche per il suono della batteria che ti prende allo stomaco come da migliore tradizione.
Ultima ma non ultima la voce di Sara, assolutamente superlativa, tra le poche cantanti che sia riuscita, sul serio, a farmi venire la pelle d’oca. Su disco sono magici, dal vivo ancora di più se possibile, soprattutto per la pienezza dei suoni grevi, difficilmente riproducibili a questi livelli in un impianto casalingo. Anche se spogliata del contributo degli strumenti aggiuntivi (hammond, sassofono, mandolini etc…) la musica si diffonde nell’ aere meravigliosa e suadente, sinuosa come un rivolo di fumo di incenso, ipnotizzando e stregando tutti quanti. Passa in un lampo il concerto tra pezzi vecchi e nuovi, tra gli altri spiccano “Babalon”, “Leah”, “Rubedo”, “Suspended”, “Pilgrim” in un continuum invidiabile di emozioni. Tra un brano e l’altro Sara con una grazia delicata introduce i pezzi dicendo due parole per rendere il contesto, fortunatamente è disarmante nel farlo che a nessuno viene in mente di urlare cose turche come spesso succede alle componenti di sesso femminile. Questo malcostume pare superato almeno per questa serata, alla fine riceve una proposta di matrimonio… ma la risposta è spiazzante (“sapete sempre come mettermi in imbarazzo…”) e si capisce benissimo che sarebbe di pessimo gusto continuare per quella strada. Quando annunciano l’ultimo pezzo tutti sbottano in un “NOOO!” all’unisono ma è una finta, c’è ancora spazio per “Enoch” e tutti a casa a mezzanotte.
In conclusione la prossima volta che rinuncerò a vederli mi prenderò a schiaffi da solo qualsiasi sia il motivo. Sono tuttora permeato da quell’aura di innata meraviglia. Disco dell’ anno, Band dell’anno, concerto dell’anno… peccato solo per la durata.