Sono due termini che assieme non vanno bene. O caustico o solforico. Ma in questo caso entrambi. Da un po’ di tempo mi sento sommerso soprattutto da immondizia musicale, ho riletto il listone di fine anno e mi sono accorto che sembra spolpato fino all’osso. Ho ripensato ai concerti visti quest’anno e mi è salita l’angoscia. I negazione dicevano: non riesco più a divertirmi, cosa sta succedendo?
Succede che mi annoio mortalmente rispondono i CCCP, è il tedio che la vince su tutto. Musicalmente è un disastro, se riesco ad ascoltare quattro cinque dischi decenti in una settimana è tanto. Il resto è paccottiglia maleodorante da rincoglionimento mainstram. Non lo sopporto. Non sopporto il me stesso che non riesce ad opporsi all’imborghesimento (orrore, orrore!) di se stesso e del mondo circostante. Ogni volta che accendo una radio/televisione, ogni volta che ascolto musica che mi fanno ascoltare altri non mi passa il mal di stomaco e mi ritrovo a citare nientemeno che fabri fibra. Sto cadendo in basso e non capisco il perché.
Una volta ero fiero ed indipendente. Ero vigile ed attento a tutto quello che mi entrava nei padiglioni auricolari e non c’era spazio per facilonerie da modulazione di frequenza. Adesso mi infilano nelle orecchie di tutto e mi sento contaminato dallo schifo. Davvero c’è gente che ancora che va dietro a entità fasulle e scontate, a show pilotati, a presunti miti musicali costruiti a tavolino. Ci sono alcuni che ascoltano radio come dischi rotti che pretendono di inculcarci canzoni 4, 5,6 volte al giorno, perché nessuno gli dice di smetterla? Una pochezza disarmante, un vuoto demotivante. Che mi sta assorbendo. Non voglio essere uno di loro, non voglio bottoni cuciti al posto degli occhi, cerniere lampo grippate sulle labbra screpolate sanguinanti. Sono solo paranoie. Che si sfaldano in un urlo liberatore. Lo spero. A volte, in mezzo a tutto questo, non riesco nemmeno a sentire i miei pensieri. A volte i miei pensieri non sentono più me.
Liberaci dal male. Dacci del denaro. Mandaci Giuda nella festa di paese.
La prima immagine che associo a “Summer On A Soltary Beach” di Battiato mi si presentò davanti agli occhi alle cinque di mattina, mentre cercavo di montare la tenda nell’area campeggio di Pistoia Blues, molti anni fa. Tra cani che si sdraiano sulla tenda ringhiando minacciosi e terra talmente secca che perfino i picchetti quasi si rifiutano di entrarci. Against the sea, le grand hotel Sea-Gull Magique, ammesso che poi canti questo. Comunque, alzando gli occhi, vedo una discoteca improvvisata con un generatore e uno che mette dischi per la gioia di quattro/cinque barboni in evidente stato di alterazione presumibilmente di tipo onirico/lisergica.
Sono le cinque del mattino ed abbiamo viaggiato tutta la notte, sono stanco e sgrano gli occhi, li stropiccio e guardo ancora: sono ancora lì e c’è anche Franco Battiato. Almeno credo che qualcuno di loro lo veda attraverso occhi sbarrati pur essendo a mezz’asta. L’impero della musica che è giunto fino a noi. Non ci sono pedane e non posso nemmeno dire che siano scemi, ma di sicuro si muovono. Piano, incredibilmente piano, le braccia pendolano giù grevi le gambe si muovono di pochi centimetri: avanti, indietro o di lato. Un espressione persa chissà dove. Mi fermo a guardarli un attimo. Sono come sabbie mobili tirate giù. Mi chiedo cosa metteranno dopo se Beethoven o Sinatra. Non me lo ricordo più però. So che sembrano degli zombi ubriachi e danno un senso di irrealtà a tutta la scena. Intorno è tutto un disseminare di tende, materassini, barbecue spenti, ma in giro non c’è ancora nessuno. Sono l’unico segnale di “vita”. E’ uno di quei classici momenti nei quali ci si chiede se la scena che ti si presenta davanti è reale o un parto della stanchezza o della fantasia.
Anni dopo ti ritrovi a percorrere le vie della Valle D’Aosta. Con un sentimento nuevo, che ti tiene alta la vita. Alla ricerca di un cinema che è fra i pochi a proiettare un film tratto da un misconosciuto fumetto francese. Ma non ti arriva nessuna eco ed il cinema non è all’aperto… anzi si confonde talmente bene con le altre costruzioni che non lo noti nemmeno e tiri dritto, fin quando il paese finisce e sei costretto a chiedere indicazioni, torni indietro e finalmente lo trovi. E’ datato ma non squallido, tiene alta la bandiera della settima arte a dovere. Dietro c’è una roccia imponente e indifferente. Non c’è nessuno la sala non è pronta, non arrivano altri clienti, ti domandi se proietteranno ugualmente. Lo fanno. E realizzi il sogno di una proiezione privata.
Erano anni che ci fantasticavi sopra: ma pensa se non si presentasse nessuno, pensa che bello un cinema senza nemmeno un estraneo. L’ombra della tua identità mentre sedevi al cinema oppure in un bar. E ti viene da ringraziare per la compagnia e per il momento, per l’esperienza surreale.
Questo solo per tenere a mente che le luci fanno ricordare le meccaniche celesti e quanto può portare lontano la libera associazione di musica, ricordi e quant’altro, soprattutto quant’altro. Tessere unite dai pensieri associativi. Ognuno rappresenta un legame unico ed indecifrabile.
E il mio maestro mi insegnò com’è difficile trovare l’alba dentro l’imbrunire.
Cinema Ideal di Verres (AO)
Grazie a chi c’era ed al cinema Ideal di Verres (AO) per la proiezione e per l’spirazione.
“A volte penso che la certezza dell’esistenza di una vita intelligente da qualche parte nell’universo ci è data dal fatto che nessuno ha mai cercato di contattarci…”
Onestamente credo che questa sia una tra battute migliori mai state scritte su un fumetto, grazie Bill Watterson!
Al solo pensiero di una mattinata passata tra le braccia della burocrazia non mi sono addormentato esattamente tranquillo, nonostante la serata tra amici e qualche bicchierino di troppo. Avevo ragione, ma uno ci spera sempre, che per una qualche incredibile combinazione, tutto fili liscio e la mattinata, già da tempo destinata alla risoluzione di chissà quale intoppo burocratico, sia sufficiente a togliersi il pensiero.
Nell’ultimo periodo le hanno tentate tutte, dall’autocertificazione allo sportello unico, per non parlare di siti governativi ben lungi dal funzionare o uffici dagli orari impossibili. Non c’è verso: la cara e vecchia fila in stile vetero-sovietico difficilmente sarà mai soppiantata con successo. Ma non è tutto, perché spesso si devono fare più file: una per pagare, una per chiedere un modulo, una per capire come compilarlo, un’altra per inoltrarlo. E li vedi lì, gli altri disgraziati, sbuffare ed inveire, agitarsi e supplicare. Chi gioca col cellulare, chi guarda il soffitto, chi si rassegna sconsolato, chi reprime infruttuosamente la rabbia, chi studia le persone… molto più rari quelli che, bontà loro, si sono portati dei libri da casa, salvo che leggere sarebbe molto più comodo nella propria dimora!
Tutto questo senza avere poi molte garanzie che tutto vada a buon fine, per non parlare di essere assolutamente allo scuro di quale misteriosa fine il destino riservi al frutto dei tuoi sacrifici lavorativi, l’ esperienza insegna che, ad approfondire, di solito l’unico a rimetterci è il tuo stesso fegato. Il lato comico è che ti fanno mille difficoltà anche se i soldi devi versarli tu, invece che farteli rimborsare!
Grazie alla preziosa amicizia con un fumettofilo somelier sono venuto in contatto con tutta una serie di pregiati spiriti anche con una bella miniserie a fumetti intitolata Legion 75 ad opera dei Fratelli Riccio (o Ricciobros secondo la dicitura originale) e uscito per la star comics. Il fumetto presenta lo svolgersi di due storie parallele a distanza di dieci anni (’75-’85) sullo scenario si profila l’apocalisse, l’estinzione della razza umana a causa di un pericolosissimo criminale che ha nei suoi piani l’impiantare sulla terra una nuova specie in tutto superiore a quella umana. Tra la fantascienza, lo spionaggio, l’horror ed il poliziesco, il fumetto ha il pregio di creare una bella suspance rendendolo godibile appieno fino alla fine.
Legion 75
Tra l’altro ha il grande pregio, almeno per quel che mi riguarda, di essere legato a doppio filo con la musica: ogni paragrafo della storia (che si svolge in parallelo) si intitola come una canzone più o meno famosa, e ad un certo punto nelle tavole appare addirittura mr. Kilmister in persona, quando uno dei due protagonisti si ritrova ad un concerto dei Mötorhead! inoltre gli stessi autori paragonano il fumetto musicalmente a una sorta di ibrido tra Black Sabbath e Pink Floyd, tra gli stessi Mötorhead e i King Crimson! Inoltre ha un grosso pregio: nonostante avessi quasi intuito il finale, ho comunque trovato piacevolissimo arrivare fino in fondo!
Alle volte le parole che ti servono arrivano da dove non te l’aspetteresti, anche dal te stesso di qualche tempo addietro. Due giorni fa uno sconosciuto visitatore del segnale zero è casualmente capitato sul #617, facendo in modo che, incuriosito andassi a leggermelo anche io… caso vuole che fosse esattamente ciò di cui avevo bisogno, quindi più per me stesso ma anche per chi passa e legge lascio questo scritto del me stesso che fu, sperando di non dimenticare ancora le mie vecchie parole e lo spirito che ci sta dietro e senza il quale non sarei più io.
Utopia e demenza senile Patapim e patapam. Ad un certo punto ti prende la paura di invecchiare, anche se ancora così vecchio non sei. I tuoi amici cominciano a costruirsi una vita classicamente intesa: casa, automobile, moglie, figli e tu niente. E succede che tu ti senta pressato a fare lo stesso… perché più tempo passa più diventa difficile farlo. Un giorno chiesero al buon Hank Rollins se avesse mai rimpianto di essersi fatto tautare in modo così pesante… lui rispose che avrebbe molto più facilmente rimpianto di avere moglie e figli… grande Hank. Per quanto alcuni a volte tentino di farmi sentire vecchio e stanco, ed altri tentino di farmi test sulla “gioventù interiore” (ahahah. Bella trovata Roarche!) dai quali, se non fosse che mi sono rifiutato di rispondere, risulterebbe che la mia età reale si aggira attorno ai 150 anni. Magari é vero, perché faccio poco moto, é un sacco di tempo che non mi sento amato da una gentil donzella, ho qualche acciacco e alcune otturazioni… forse mi salvano solo gli amici che ancora non mi hanno abbandonato… Eppure non basta questo per sentirsi invecchiare. Saluterò definitivamente la gioventù solo il giorno in cui non crederò più alle utopie, il giorno in cui abbandonerò la speranza di divetare una persona migliore meritevole di trovare cose migliori per se stesso. In troppi si piegano alle consuetudini e questo li ingrigisce come persone, le fa sedere irrimediabilmente. Non voglio che succeda a me. Poiché quel giorno equivarrà al mio funerale morale ed io non voglio assistere ad una tal scena. La scusante classica é che le utopie per loro stessa natura sono irrealizzabili quindi non vale la pena nemmeno provarci a realizzarle. Non sono un ingenuo, conosco bene la natura delle utopie ed ancora di più conosco la capacità della razza umana di trasformare idee corrette in tragedie efferate. Non credo, nemmeno io, alla realizzazione delle utopie, adesso sono semplicemente degli asintoti ai quali tendere. Non é meno difficile, eppure se nessuno ci prova niente cambierà sul serio. Spesso sono qui a lamentarmi di troppe cose che sono una conseguenza inevitabile di questo modo di agire, me ne rendo conto: basterebbe assuefarsi, basterebbe dare agli altri esattamente quello di cui hanno bisogno senza inserire alcun elemento che possa turbarli. Sfortunatamente non fa per me e, anche se me ne lamento, in fondo sono pronto per l’emaginazione, per l’incomprensione e l’esclusione… solo la mia umana natura mi fa ancora sperare che ci sia qualcosa per me. Una vita giusta, l’amore di una ragazza, il riconoscimento di tutti gli sforzi che ho fatto e sto facendo per restare quello che sono e credere in ciò che credo, se fossi razionale al cento per cento avrei già smesso di sperarci e, conseguentemente, avrei già finito di soffrirci. Eppure non é ancora successo.Eppure sono vivo.
In calce aggiungerò che alcune delle cose scritte sopra sono andate modificandosi nel frattempo, ciò che non è cambiato è la sostanza della mia condizione, se vogliamo aggravata del tempo trascorso e dalle esperienze non proprio rassicuranti collezionate nel frattempo… Ed ho tutti i giorni la tentazione di buttare tutto all’aria e di smettere di lottare una volta e per sempre. A volte lo faccio anche, ma non in modo definitivo come vorrebbe la mia parte più nichilista e tetra, finora mi autodistruggo sempre per ricostruirmi. Finora, finchè terrò a mente le parole di cui sopra.
E’ un cane che si morde la coda perchè avere una personalità a volteè ciò che ti emargina e “ti fa vivere una vita che per altri è assurdità” ma, paradossalmente, è una delle poche cose che mi fa sembrare la vita degna di essere vissuta, avere delle idee maturate con l’esperienza e l’osservazione e cercare di scendere a compromessi il meno possibile. In una parola esserci per se stessi e non pare compiacere regole sociali o i voleri degli altri, avere una testa ed usarla…. Un amico mi ha fatto notare che questa intransigenza -che potrebbe essere alla base della mia solitudine– è un atteggiamento molto adolescenziale, sarà per questo che non invecchio???
Domanda: “Ma se dici di avere ben chiaro chi sei e cosa vuoi, cosa hai in comune con un diciottenne che dice chiaramente di non sapere cosa vuole?”
Risposta: “Intanto l’età. Poi esiste una differenza quasi nulla tra il “non sapere quello che si vuole in generale” ed “il non sapere ciò che si vuole, perchè quel che si vorrebbe realmente è impossibile da ottenere”… diciamo qualche chilo di fiele in più che, a parte per il mio fegato, non fa alcuna differenza”.
Il post di ieri e’ stato piuttosto frettoloso, non avevo sufficienti risorse per poter esplicitare ulteriormente il mio rapporto con gli scritti di Ray Bradbury, ne’ con il gruppo spezzino dei Fall Out (insieme ai Negazione un gruppo cui sono molto legato) e neppure con il futuro, con quello che aspetta sia me stesso che il mondo in generale.
Non sono mai stato molto noto per la mia visione positiva della vita, particolarmente quando ero verso la fine delle superiori ed anche al primo anno di universita’, magari complici anche gli ormoni impazziti ed inascoltati, propri del periodo, la mia visione delle cose si inabissava giorno dopo giorno. Avevo una trilogia di libri, cui pensavo, al tempo, come “la trilogia del futuro”: c’era, ovviamente, “Farenheit 451”, “1984” di George Orwell ma anche ” Un mondo nuovo” di Aldous Huxley… tutto veniva “splendidamente” riassunto poi dalla frase di O’Brien che recita: “Se vuoi un’immagine del futuro, immagina uno stivale che calpesta un volto umano — per sempre” ero, insomma, un personaggio solare ed innamorato della vita e delle persone che mi circondavano.
Sia bene inteso che quanto narrato nei tre libri fossero avvenimenti molto tragici, eppure mi affascinava anche l’idea di una piccola porzione di umanita’ che si ribella, che non si adegua, che tenta strenuamente di opporsi ai tentativi di controllo da parte del potere, mi interessava anche verificare fino a che punto fosse possibile manipolare le persone e renderle un mero strumento della volonta’ altrui.
Nello stesso periodo o, se vogliamo essere precisi, poco tempo prima, mi nutrivo molto di Hardcore, la deriva forse piu’ oltranzista e lucida del punk settantasettiano: in Italia c’era un distaccamento piuttosto nutrito e agguerrito di questo movimento giovanile che ha le sue radici in Gran Bretagna e negli Stati Uniti. Uno di questi gruppi, con cui entrai in contatto, erano i Fall Out di La Spezia. Lessi del loro disco dell’88 “Mondo Criminale!” sempre su H/M scrissi loro e me ne mandarono una copia (ah che sensazione inviare i soldi nascosti nella carta a carbone e poi accorgersi che il nero ti ha invaso il volto!) e mi si aprì davanti qualcosa di nuovo, i testi, le citazioni (alcune delle quali destinate a diventare una costante fonte di riflessione), l’artwork curato dall’indimenticato prof. Bad Trip!
Nella copertina interna il gruppo si prefiggeva di risvegliare le menti di coloro che ascoltavano il disco e devo dire che con me centrarono il bersaglio. Parlavano il mio linguaggio dell’epoca: claustrofobiche visioni di un mondo spogliato di ogni umanità, sia attraverso l’abominio del passato, che attraverso la prospettiva di un futuro senza speranza… pane per i miei denti di allora quando mi cibavo di visioni apocalittiche e di negatività in tutta risposta all’esuberanza marcia e arrivista propria di fine anni ’80/inizio ’90. In realtà non ero un personaggio totalmente negativo che passava le sue giornate a deprimersi e a farsi del male… ok, anche, ma non c’era solo quello… il punto fondamentale era che la realtà mi sembrava totalmente diversa da quella che traspariva da radio e televisione, mi sembrava che tutto fosse una colossale menzogna che si andava raccontando alla gente ed ero terrbilmente schifato dall’ipocrisia generale. Questo nascondeva però una persona passionale che ricercava la verità sopra ogni cosa, che credeva (e crede) negli ideali e nei sentimenti nonostante si attenti a queste cose da più parti, in continuo. I Fall Out Parlavano per iperboli, ma sembravano infinitamente più concreti e reali di tutto quello che la cultura massificata tendeva a raccontarmi. E all’inizio della seconda facciata del vinile c’era “Farenheit, il giorno della fenice”, canzone ispirata dal libro di Bradbury che finì per divorare ed adorare, qualche tempo dopo esattamente come il fim di Truffault.
Oggi riguardo con tenerezza a quel tardo-adolescente, soprattutto per via della sua passione e trasporto che col tempo hanno un po’ allentato la presa, a favore di un certo cinismo e disillusione e non so dire effettivamente se il cambiamento sia positivo. Il mondo, certe persone, gli interessi, il potere e tutto ciò che ci gira attorno continua a far paura. Ed il domani non appartiene a nessuno…
L’innamorato, come il poeta, è una minaccia per la catena di montaggio (Rollo May, Love And Will, citazione dal libretto di “Mondo Criminale”)
Per anni, sin dalla mia infanzia, sono rimasto ostaggio di questo cartone animato. Si intitola “il Fantastico Mondo Di Paul” e devo averne visti a malapena un paio di episodi quando ero davvero in tenerissima età, un paio di episodi che, evidentemente, mi stregarono parecchio. Eppure non sono mai più riuscito a capire che cartone animato fosse… (cartone animato: curioso che noi chiamiamo così le anime, mentre i giapponesi chiamano “ombre elettriche” il cinema)
Fino all’altra sera, quando ho potuto consultare una sorta di “enciclopedia del cartone animato” a casa di un amico, non avrei mai potuto scovare il cartone nello specifico, se non fosse che un’illustrazione me ne ha svelato l’identità. Fa uno strano effetto scoprire una cosa che hai cercato per così tanto tempo (magari non così assiduamente a giudicare dal fatto che l’anime in questione sia davvero piuttosto conosciuto in rete…) ed arrivare finalmente a capire cosa stavi cercando. A prescindere dal fatto che il cartone visto con gli occhi di adesso sembri ingenuo e bizzarro, a tratti quasi lisergico e visionario… evidentemente la mia fantasia di bambino ne rimase colpito aldilà di qualsiasi considerazione di tipo oggettivo e a posteriori so anche il perchè.
Quello che mi colpiva era la possibilità di poter scappare dalla realtà, ed anche il fatto che il mondo reale esplicito non fosse l’unico mondo possibile, ma ne esistesse almeno un altro, dove ci sarebbe stata la possibilità di avere amici che fossero solo tuoi ed una vita da non dover per forza condividere con tutti gli altri. Una sorta di egoismo probabilmente generato dal fatto di sentirsi poco a proprio agio nel mondo reale, una cosa molto infantile anche in considerazione del fatto che tutto questo mondo parallelo possa essere frutto essenzialmente della tua fantasia.
Un perfetto intronauta (per dirla alla Allen Ginsberg: sì, la cosa proseguì anche nell’adolescenza, quando, in genere, si scoprono il sig. Kerouac ed i suoi simpatici amichetti), assolutamente in grado di controllare e creare il suo mondo (il controllo: altro tema affascinante).
Anche in una fiaba sonora (incise sui vinili, quando ero davvero piccolo) c’era una storia che mi colpì molto quella di un bambino che possedeva un cavallo a dondolo che diventava un vero cavallo quando erano soli, il tema ripreso poi anche dal mirabile Calvin and Hobbes, fumetto di Bill Watterson, che non a caso, è un fumetto che mi è molto caro.
Il tema non ha smesso di appassionarmi, anche se la mia fantasia è molto, molto più limitata ora… la speranza lasciarmi questo mondo (e le sue brutture) alle spalle non è morta.
“Quando siamo calmi e pieni di saggezza, ci accorgiamo che solo le cose nobili e grandi hanno un’esistenza assoluta e duratura, mentre le piccole paure e i piccoli pensieri sono solo l’ombra della realtà.” (H. D. Thoreau)