L’ultimo profeta!

Dovendo scrivere un post su  Mauro Guazzotti, in arte MGZ, non so davvero da dove cominciare. La prima immagine che ho di lui è in un’improbabile costumino rosso attillato da pseudo lottatore che saltella ovunque durante il leggendario concerto dei Negazione al 2 di Cigliano lamentandosi di qualcuno che gli aveva staccato la coda e voleva tenersela come cimelio. Durante un concerto hardcore (il primo conecrto della tua vita scelto autonomamente, tra l’altro) vedi questo tizio peloso ma calvo, coi capelli laterali lunghi saltare fuori dal nulla, misurando a balzelli il palco e facendo delle smorfie improbabili. Sicuramente un’immagine che lasciò il segno… solo che non avevo la minima idea di chi fosse.

Occorrerà aspettare qualche anno perché torni a farsi viso sul palco del Babylonia anche se non collegai le cose e mancai l’appuntamento. E poi, a forza di frequentazioni, articoli su riviste, amici vari il Profeta mi apparve. Più o meno all’epoca dell’uscita di “Cambio vita”, imprescindibile primo capitolo discografico del nostro. Non assomigliava a nulla di quanto avessi visto fino a quel momento. La musica mi era resa sopportabile solo dalla chitarra di Roberto “Tax” Farano o di Dome La Muerte, per il resto era elettronica piuttosto tamarra e mi schifava abbastanza. Solo che aveva dei test geniali e, alla fine, riuscii a contestualizzare anche quella.

La sua proposta era teatro, cabaret, musica: punk, elettronica… solo apparentemente demenziale. Personale, sognante e visionario come solo un personaggio assolutamente fuori dal mondo può essere. Su di lui girano leggende e dicerie, oscuri esordi nell’ambiente punk fatti di performance sullo sfondo di diafane lastre a raggi x. Chissà cosa c’è di vero. Io Mi ricordo leggendari concerti, questo sì. Sempre seguito da gruppi di persone, all’epoca furono “Le Signore” in seguito le “Buru buru girls” e poi chissà che altro, sul palco è uno spettacolo multicolore con travestimenti, balli e saltimbanchi. Coriandoli, bolle di sapone, stelle filanti, trucco e bandiere sventolanti in quello che potrebbe sembrare un circo deviato o una festa per bambini cresciuti con qualche turba, ma non di quelle moleste.

Alcuni dei concerti di MGZ resteranno nella storia, purtroppo non ho grandi rifermenti temporali, le date si confondono nella memoria, eppure la prima volta dopo tantissimo tempo dopo che ne avevamo perso le tracce fu una storica serata al CSA “Il Gabrio” di Torino. Un vero e proprio evento che fece sì che ci muovessimo in quattro dalla provincia con due bottiglie di CocaCola truccata col rum del discount. Sapeva di acquaragia e ne bevetti mezzo sorso per poi lasciarlo ai compagni di viaggio. Ovviamente uno finì per disegnarmi una “fiamma delle hot wheels” di vomito sulla portiera mentre parcheggiavo una volta giunti a destinazione: aspettare di scendere no eh?! Il concerto fu divertentissimo e dissacrante… peccato che due settimane dopo chiusero il centro sociale a causa di un’infestazione da vibrione che si pensava estinto in Italia. Ad ogni modo sopravvivemmo.

Un’altra volta finimmo nel nulla cuneese a una specie di festa di paese alla quale il signore solo sa come mai decisero di farlo suonare. Avvicinato da un compare ebbe a commentare “Lascia stare… è un posto allucinante!”, comunque poi salì sul palco e fu anche una grande festa, credo che comunque in parecchi affrontarono la trasferta, del resto un profeta è pur sempre un profeta.

Ci fu poi la data, l’ultima volta che lo vedemmo, all’Hiroshima mon amour a pochi giorni di distanza da un altro storico concerto degli Einstürzende Neubauten all’ auditorium RAI (nientemeno) dove incontrammo Tax Farano. Roberto era presente anche a quella serata e ci salutammo, noi assolutamente increduli, due volte in un mese.

Ed eccolo, fotografato da me, all’ Hiroshima Mon Amour nel 2014

In ogni occasione fu una grande occasione di divertimento, anche nel suo caso una performance che va assolutamente vista e vissuta.

Il suo nuovo album “Vale tutto” è uscito da poco e porta una ventata di spensieratezza in questi tempi difficili. Sogniamo tutti in coro Burulandia dove tutti sono luminosi, telepatici, innamorati e immensamente liberi e felici!

Gruppi italiani

D’inverno la musica italiana si ingozza di festival, si impasta di fiction, si prostituisce nei talent. La mia generazione, cosa siamo diventati, ascoltavamo cose orrende e ora siamo imbruttiti. Voi ascoltavate cose orrende e VOI siete imbruttiti! Io ascoltavo musica fantastica e ora lo faccio ancora!!!

Deluso dai Corrosion of conformity che fanno uscire un disco nostalgico ma sostanzialmente incapace di smuovermi e che abbandono dopo due ascolti. In questo inizio anno sono tentato dal pensare che ho un pessimo anno musicale davanti. Mi tenta fortemente cedere allo sconforto sonoro.

Poi una mail mi ricorda (dopo un bel pezzo in realtà) di aver finanziato il disco di ritorno dei Fluxus e che finalmente sta per concretizzarsi quel vinile colmo di speranza finanziato, e quindi acquistato, mesi prima. Deve ancora arrivare (speriamo bene) ma intanto quel fantastico sito che è bandcamp mi da una soddisfazione che, visto l’inizio dell’anno, non mi aspettavo. A volte è comodo e facile demoralizzarsi. Invece Franz Goria e compagni mi ricordano chi erano e chi ero e mi prendono a calci in culo, me stesso e la mia boria al contrario. A volte ci ricasco e mi abbatto compiaciuto della mia miseria immaginaria, sono un bel tipo, ne converrete.

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Il disco mi riempie di gioia. La voce di Franz mi sembra decisamente cambiata in 16 anni, ma quanto mi sono comunque mancati. Mi commuovono e vorrei tanto che anche Marco Mathieu fosse qui a sentirli, a testimoniare come sono stati in grado di ritornare fieri ed orgogliosi, assolutamente all’altezza del loro nome, senza tradire e senza ripetersi. Non è da tutti e anche io sono della partita stavolta sia pure nel mio piccolo. Avevo bisogno di questa iniezione di fiducia nella musica.

Come se non bastasse da Feltre, cittadina cui sono intimamente legato, arrivano pure gli STORM{O} un fulgido esempio di come ci sia del marcio positivamente inteso in Italia. Un disco, una veemenza, una decisione che non si vedevano da tempo. Sembrano una sorta di risposta italiana ai Converge, magari meno tecnici e variegati, ma con un impatto invidiabile. Con dei testi visionari ed intensi, una musica nervosa e moderna: tesa come una lama che riflette una luce accecante di volontà e resilienza. Ammetto che non me lo aspettavo quando ne lessi la recensione, “Ere” rappresenta una speranza abnorme per la musica non allineata del nostro paese. Una speranza che è come un cuore che batte indomito in un corpo assopito e decrepito.

storm(o)

come se non bastasse i Totem hanno fatto uscire un brano nuovo e 2/3 dei Lomax hanno un nuovo interessante progetto le Tacobellas! (per questa chicca lo-fi si ringrazia sempre il collega di Neuroni)

Alzatevi e combattete!

Itis Galileo

Non so come funziona altrove, ma nella mia città, quando ero in età da scuole superiori, ITIS era sinonimo di scuola per uomini duri: gente che fumava a 16 anni, buttava sodio metallico nelle turche dei gabinetti, organizzava feste alcooliche, sempre nei suddetti (che, peraltro, erano un luogo di terrore se eri un “primino”) il giorno prima delle vacanze di Natale,  faceva avances spudorate in aula magna -e davanti a tutto il corpo docente- ad una professoressa che si presentava in minigonna di pelle. Ma era anche la scuola del massacro: non si contavano sezioni con magari uno o due promossi a giugno e tutti gli altri a settembre o a casa direttamente… la scuola dove in cinque anni ho rimediato una squallida gita di un giorno a Bergamo (che è una bella città ma i miei amici allo scientifico se ne andavano tipo a Parigi 5 giorni)… la scuola dove sono diventato anche metallaro, tra le altre cose, sfoggiando (in maniera molto pudica) una toppa a tutta schiena di “Somewhere in time” degli Iron Maiden, con la kefiah perennemente al collo.

Quindi quando Marco Paolini è giunto in città con uno spettacolo intitolato “Itis Galileo”, mi sono sentito in dovere di andarci, anche perchè l’attore, quasi conterraneo di mia madre, mi aveva emozionato tantissimo (come a molti credo) con la sua “Orazione civile sul Vajont”  e da lì avevo iniziato a seguirlo anche con i suoi “Albums” e a stupirmi notandolo in “Caro Diario” di Moretti. Inotre era un’ottima occasione per approfondire la mia conoscienza di Galileo Galilei, un personaggio per il quale nutro, da sempre, una stima sconfinata. E poi, con quella parlata, non potevo non sentirmi a casa…

Ebbene: era impossibile restare delusi, lo spettacolo vale assolutamente TUTTI i 17 € del biglietto. Coinvolgente, eclettico, versatile, divertente, rimarca molte cose dell’epoca in cui è vissuto il protagonista di questa piece teatrale… e soprattutto è stato incredibilmente efficace nel ribadire l’importanza suprema del pensiero in faccia all’ipse dixit, ai dogmi imposti dagli altri alla volontà di rifuggire da ogni comodità anche mentale. Per non restare fermi, ma muoversi di un moto chiamato ri-vo-lu-zio-ne.

Leggetene anche qui

(130 minuti di pausa dalla depressione, anche questo non è male)

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