Codespeaker – Codespeaker: Orfani dei Neurosis e, forse soprattutto, degli Isis di tutto il mondo ci sono buone notizie per voi: in terra d’ Albione qualcosa si muove e lo fa in modo roboante. Questo gruppo di recente formazione rischia veramente di raccogliere il testimone dei padrini del post (HC, metal, quello-che-volete-voi) in maniera assolutamente autorevole, il loro disco d’esordio sembra riprendere il discorso da dove le due band madri l’avevano interrotto, riportando in vita un genere che si era quasi completamente perso. Tutto con un solo disco all’ attivo? Ascoltare per credere. La loro proposta ha veramente tutte le carte in regola per aggiungere nuovi tasselli al discorso incominciato, oramai molti anni fa, dalle due band statunitensi. Ora hanno davanti un avvenire luminoso se sapranno spingere avanti la loro musica ampliando lo spettro sonoro di partenza. I Cult of luna si sentiranno, finalmente, un po’ meno soli.
16 – Into Dust: Qui si parla di veterani dello sludge che esordirono, oramai decenni fa, sulla defunta (?) etichetta di Pushead (disegnatore dei metallica) la bacteria sour. Dopo un lungo periodo di inattività ritornano alla luce e, per una volta, la loro reunion ha un senso. Sfornano sempre dei bei lavori, molto compatti e densi di belle canzoni con, nonostante il genere, un buon gusto per il groove e qualche trovata insolita qui rappresentata da un sassofono che fa capolino alla fine del disco. Se amate il genere, anche privo di certi eccessi plumbei alla Eyehategod, fanno decisamente per voi. All’inizio erano decisamente più legati all’ HC, tanto che in molti li scambiarono per un gruppo del genere per quanto strani, adesso hanno trovato una dimensione decisamente meno legata al minimalismo e alla velocità di esecuzione ma assolutamente greve e massiccia. Una gradita conferma.
Celestial Season – Misterium I/II: L’operazione nostalgica di rientro di uno dei miei massimi gruppi feticcio continua. Stavolta con addirittura con due album in un anno solo. Il risultato è apprezzabile, death/doom con violini vecchia scuola, come erano soliti fare a inizio carriera. Pur avendo uno strumento in comune con i vecchi My Dying Bride la somiglianza non è così evidente: i brani hanno una loro personalità e ragione d’essere (sfido chiunque a non scapocciare in “Black water mirrors” per dire). Se siete amanti di certe sonorità queste due uscite vi rincuoreranno: più pesante la prima, maggiormente eterea la seconda. Per riprendere il discorso fatto con gli In The Woods… (anche se in misura minore) la cosa che fa tristezza è che però si è persa completamente la spinta innovatrice meravigliosa che avevano avuto in “Solar Lovers”, un disco assolutamente illuminato con il quale avevano veramente trovato una dimensione personale e, a questo punto, irripetibile.
Phlebotomized – Devoted to God: Dalla terra gloriosa d’ Olanda non emergono solo i Celestial Season, anche i Phlebotomized che, nel campo dell’innovazione sonora, sono un gruppo di assolta rilevanza. Assolutamente tra i primi a introdurre strumenti e strutture inusuali nel death metal, ora rispolverano il loro vecchio demo. Ovviamente è fatto secondo la vecchia scuola, per artwork e registrazione, ma risulta assolutamente importante per comprendere la genesi di un gruppo che ha saputo rivalutarsi nel tempo. Oltre a questo, testimonia che, con l’evoluzione tecnologica, molta della magia dello studio di registrazione si è irrimediabilmente persa. Un prezioso cimelio.
Øjne- Prima che tutto bruci: Questo è un disco che compie cinque anni in questi giorni. Li ho conosciuti grazie al figlio di un mio amico con cui ho in comune la passione per gli Storm{o}. Un giorno lo vedo indossare la maglietta di questo gruppo e mi incuriosisco. Hanno da poco suonato con il gruppo di Feltre al Bloom di Mezzago, quindi suppongo che li abbia sentiti lì. Da subito mi colpisce il cantato, sarebbe meglio dire “l’ urlato”, che mi sembra un po’ troppo sopra le righe per la musica che fanno, poi i testi un po’ troppo naïf… anche se la musica mi fa un’ottima impressione: sono davvero bravi. Tanto che lentamente le loro canzoni mi si infilano nelle orecchie e torno a riascoltarli spesso, diventano dei buoni compagni delle mie camminate al buio alla sera. Alla fine entro definitivamente nella loro musica, anche il cantato e i testi acquistano via via senso e contesto: alla fine questo disco diventa importante per me. Non so molto della scena, delle altre band che suonano lo stesso genere, della filosofia che ci sta dietro, il tempo degli emo e degli screamo me lo sono perso, sicuramente ero preso da altre cose. Ma anche se non ne sono addentro, sono contento di non essermi perso questo disco perché è bellissimo e pensare che le giovani leve oltre a certa immondizia musicale (altrimenti nota come t**p) possano anche ascoltare lavori come questo mi lascia una certa speranza.