Biella sta vivendo un momento di strana popolarità legata al fatto di essere stata inserita da Zerocalcare nella sua serie a disegni animati “strappare lungo i bordi”. Ogni tanto capita che la città finisca sotto dei riflettori dalla luce tenue: era successo anche con “I due Carabinieri” con Montesano e Verdone millenni or sono o quando Dario Argento si mise in testa di girarci alcune scene di un fantomatico Dracula con Rutger Hauer (l’attore poi sparì nella campagna e lo cercarono tutti…), cose così. Adesso il disegnatore romano ambienta alcune scene della sua serie su netflix nella nostra città ed alcuni si risentono perché, a loro dire, non ne esce in modo propriamente lusinghiero.
Chissenefrega. Questo è un posto impermeabile a qualsiasi cosa, si farà scivolare addosso anche questo. Intanto il modo in cui il fumettista romano si attiene alla corrispondenza dei luoghi è quasi sbalorditivo e, comunque aldilà di tutto, la serie è ben fatta e tratta molti temi interessanti.
Zerocalcare è bravo ma è un po’ limitato. Soprattutto, per quello che può contare il mio umile parere, è decisamente troppo ancorato alla sua realtà quotidiana. Parla sempre e soltanto delle sue esperienze, di quello che gli capita e delle sue riflessioni in merito. Lo fa bene, le sue riflessioni offrono spunti interessanti e un punto di vista fresco sulla vita di ognuno di noi, una voce fuori dal coro, appartenente ad una di quelle controculture che raramente escono dal loro guscio inoltre ha una sensibilità fuori dal comune. Però, pur ammettendo di non essere un suo conoscitore ai massimi livelli, io non gli ho mai visto fare nulla di diverso da questo. Personalmente poi non ho mai amato le cose troppo ancorate al presente. Mi chiedo cosa potrebbe pensare qualcuno che legga i suoi fumetti tra vent’anni, probabilmente avranno un interesse storico di un qualche tipo, ma a parte questo? Gli va riconosciuto di parlare sempre a proposito: difficilmente blatera a vanvera di cose che non conosce o si lancia in giudizi affrettati, anzi, spesso da anche la parola a persone più competenti.
Benissimo. Temo però che prima o poi questo modo di raccontare la realtà mostri i suoi limiti… restando a Roma pensate a Moretti che in “Caro diario” parla di Beautiful (nell’episodio “Isole” di “Caro diario”) e ne fa una sorta di icona: uno che guardi oggi quell’ episodio difficilmente riuscirà a coglierlo fino in fondo. Per contro il bellissimo percorso fatto in vespa fino al luogo dell’assassino di Pasolini con The Köln Concert di Keith Jarrett in sottofondo: credo che possa colpire chiunque in qualsiasi epoca anche ammesso che nemmeno sappia chi sia l’intellettuale friulano.
Manca una cosa del genere nella narrazione del fumettista romano: la ricerca di qualcosa che trascenda il mero qui ed ora, una tensione che vada oltre la dimensione personale. Inoltre non si capisce bene perché uno che fa controcultura si appoggi a netflix o disegni anche i brand sulle scarpe. Tuttavia non siamo qui per disquisire di Zerocalcare bensì di Biella, Zerocalcare giustamente ci darà lo spunto.
Che poi ci ha anche descritto meglio di quello che siamo per certi versi. Non è mai arrivato un freccia rossa a Biella, e nemmeno c’è mai stato un treno che parta da Biella e arrivi a Roma Termini. Minimo sono tre coincidenze e nemmeno delle più agevoli. Un tempo c’era UN diretto per Torino al mattino in andata e UN diretto al Pomeriggio al ritorno. Fine. Ora, credo, nemmeno quello. Con Milano non abbiamo mai nemmeno avuto collegamenti diretti. Allargando il discorso, per dirla tutta, non arriva nemmeno l’autostrada. Siamo isolati, almeno per quello che riguarda le vie di comunicazione principali. Da adolescente mi pesava tantissimo. Adesso sono contento. Mi rendo conto che sia da egoisti, da misantropi, ma essere fuori dal giro grosso ha il suo perché e comunque non è che i collegamenti non ci siano, solo sono meno… diretti, il che spesso basta a scoraggiare la gente dal venirci a trovare. Non siamo un posto di passaggio, devi proprio voler venire a Biella. Anche il Covid c’è arrivato meno che da altre parti. Certo se stai a Roma, a Milano o a Torino hai molte più possibilità e strade aperte, puoi trovare più facilmente persone che ti somiglino, vedere mostre, andare a concerti ed è anche molto più facile trovare un lavoro. Tutte cose che mi interessavano di più quando avevo vent’ anni. Ma ho sempre molto apprezzato il fatto di poter chiudere la porta in faccia al mondo quando ne avevo bisogno e a Biella una cosa del genere ti riesce molto meglio. In piemontese si dice sü da doss. Probabilmente si apprezza con l’età e con la permanenza in loco, tutte cose che Zerocalcare non ha avuto modo di sperimentare anche se da misantropo quale si professa mi stupisce che non abbia considerato la cosa. Nelle grandi città ti stanno tutti col fiato sul collo, c’è sempre casino, la gente ti sommerge da ogni parte e io non lo reggo.
Adesso se ho bisogno di andare in una grande città ci vado faccio quello che devo e scappo alla massima velocità, senza guardarmi indietro. Di Roma in particolare ho anche un pessimo ricordo, ma questa è un’altra storia.
L’assenza di possibilità ha anche dei risvolti interessanti: ti spinge a sbatterti per farti le cose da solo. Ho sempre avuto l’idea che chi vive nelle grandi città non coltivi mai veramente le cose: forse sono io, ma conosco persone che vivono nelle grandi città che si stupiscono quando gli racconto che ho amicizie che durano dall’ asilo. Il punto è che quando hai poco, di solito ti sbatti per far funzionare quel poco che hai e non abbandoni le persone alla prima divergenza. Ogni amico che ho perso, ogni ragazza andata sono sempre state tragedie per me… piccole o grandi. Significava in qualche modo aver fallito.
Inoltre Biella ha avuto dei suoi seri perché, molti di più di molte altre città. Forse proprio perché la mentalità biellese era testa bassa e lavorare ci sono state tantissime realtà che ci hanno allietato la vita da adolescenti a fare da contraltare. C’era una selva di gruppi musicali niente male, alcuni anche con delle idee grandiose (su tutti i Festina Lente, i Sentence To Blunder, i Keen o gli Yahozna che da poco si sono riformati), ovviamente c’era il Babylonia, il locale senza il quale la nostra vita sarebbe stata infinitamente più grigia, c’erano negozi di dischi (Valerio e Paper Moon su tutti), l’informagiovani funzionava davvero bene, c’erano molti locali che facevano suonare dal vivo e non solo coverband. Addirittura ci fu chi tentò la via dell’autogestione (il collettivo “Arsenio Lupin”) che ovviamente finì in malo modo: non ci potevamo spingere così oltre.
Poi dai, siamo sinceri, Biella non ne esce male: nella serie è semplicemente un posto dove è successo qualcosa di terribile, avrebbe potuto essere benissimo qualsiasi altro posto di provincia in Italia, solo che il personaggio era di qui. E viveva male il fatto di esserci dovuta tornare dopo aver fatto la fuori sede a Roma. Ma, suvvia, l’autore mantiene un atteggiamento davvero neutro circa la città stessa.
Oggi mi appare molto meno attiva ma non è che non ci siano cose comunque meritevoli. Non è passato molto tempo da quando fa il Cervo -un fiume locale- si è portato via l’Hydro forse l’unico locale veramente alternativo della città e, certo, con la pandemia ogni cosa è diventata ancora più difficile. Ma non manca la gente che ha voglia di sbattersi.
Gente che organizza festival come il Reload che propone cose che non mi interessano, ma rimane una bella realtà che è riuscita a fermarsi il meno possibile, cosa che, di questi tempi, è tutt’altro che scontata. Gente che propone posti per suonare ai gruppi locali che non siano cover band come il Vecchio mulino o il Sekhmet e poi c’è il concertone del primo maggio all’ARCI di Lessona (son due anni che mancate ragazzi). Gente che promuove l’arte come la fondazione Pistoletto, il museo del territorio o la fondazione della cassa di risparmio di Biella. Basta saper cercare. Basta darsi da fare: non saremo Roma ma nemmeno ci tengo che lo diventiamo.
Resterebbero altre considerazioni da fare sul tema centrale della serie. Solo che son cose che è meglio lasciare alla coscienza del singolo. Bisogna dare atto a Zerocalcare di aver parlato in un modo partecipe e sincero di un tema delicatissimo nel quale la tristezza alla fine la fa da padrone da qualunque angolazione la si consideri. Biella, anche questa volta, non è la questione principale con buona pace di chi vorrebbe farla diventare tale.