preghiera (e sfogo) per l’estinzione
Il rumore riempie le orecchie, le violenta, le satura, le annichilisce. Adoro questa sensazione, quando la musica furiosa spezza i muri e fuoriesce molesta dalla mia stanza di reclusione volontaria. Creando il vuoto.
Tabula rasa.
Irrimediabilmente stanco. Assolutamente vuoto ed a corto di idee. Non riesco ad esimermi dal detestare. Detestare le persone, detestare le loro parole vuote e ripetitive, detestare le loro espressioni succubi di una agghiacciante non cultura, detestare le loro azioni conformi, detestare i loro modelli di comportamento… detesto la loro musica, i loro marchi, le loro acconciature, le loro scarpe, i loro telefoni, le loro auto, i loro gusti sterotipati, i loro cervelli atrofizzati. E mi ripeto che non c’é posto per me che continuo ad aggirarmi come un fantasma che, fortunatamente, nessuno nota mai. Assalito da dubbi che a nessuno vengono mai. Abbandonato perfino da alcuni suoi presunti simili (meglio così). Trasparente ed imponente. Mi mantengo vivo a forza di contemplare una rantolante bellezza vilipesa da mille occhi sterili, opere che chissà quanti fissano senza vederle mai. Chiuso in me stesso mai abbastanza, disgustato ed insofferente ogni secondo. Le nubi si chiudono sulla mia testa ed io anelo brutalmente ad un’inarrestabile catastrofe che travolga tutto con una violenza inaudita. Non c’è nulla da salvare, nulla per cui valga la pena, nulla di incontaminato, nulla in cui specchiarsi, nulla in cui perdersi. Voglio restare da solo e chiudere la porta in faccia al mondo per l’ennesima volta. Poi lunedì ritornerà a reclamare ancora il mio sacrificio di nervi e sangue, di tendini e muscoli, di pensieri e azioni. Rendendo inutile tutto ancora una volta.
Qualcosa si é rotto per sempre e non da adesso. Non posso essere me stesso. Non posso esprimere le mie idee. In trappola con i muri che si stringono su di me che annaspo in direzione di una via d’uscita inesistente. Senza una tregua che non sia illusoria, che non aggravi ancora le cose.
Il sangue si butta giù per la tromba dell’ascensore dell’Overlook hotel
Il sangue rientra misto a eroina nelle vene di Lou Reed a Madrid
Il sangue si espande in mille rami rossi ai confini con l’iride
Il mio sangue ha lo stesso colore della rabbia
Il mio sangue ha la stessa consistenza dell’odio
Il mio sangue laverà l’onta di una esistenza incompresa ed incomprensibile.
Un giorno lo farà.
Tabula Rasa.