Cose ascoltate di recente…

Miscreance: Convergence

Death metal tecnico da Venezia: un disco che dona gloria a un genere poco frequentato, un impeto notevole di orgoglio, proprio dal nostro paese. Avendo ben presente la lezione magistrale impartita da gruppi come Death, Pestilence ed anche, in misura minore, Atheist, i Miscreance tirano fuori un lavoro che coinvolge dall’inizio alla fine. Merito dell’abilità in fase compositiva e della freschezza che riescono a esprimere, mantenendo alta l’attenzione, alle volte anche con passaggi e soluzioni inaspettati. Normalmente  direi che non è proprio il mio genere ma il gruppo veneziano mi ha proprio conquistato. Bravi bravi, da supportare assolutamente…

Russian Circles: Gnosis

Altro gruppo con uno scoglio da superare per il sottoscritto: l’assenza del cantato. Faccio sempre molta fatica con i gruppi strumentali, i Russian Circles non fanno eccezione. Però il disco nuovo mi ha conquistato, sarà per le atmosfere che riportano alla mente quasi subito il substrato dal quale sono nati (il post-tutto di fine anni ’90 inizio duemila che ha avuto in Neurosis e Isis i massimi esponenti), sarà che effettivamente mi sono trovato davanti un buon disco, particolarmente adatto a passeggiare sotto la fine pioggia di ottobre con la nebbia bassa e le foglie che cadono. In mezzo ai suoni attutiti un po’ di fragore ci sta.

Dark Throne: Astral Fortress

Qui provo la stessa di difficoltà che avrei parlando di un gruppo di amici. Non vorrei mai e poi mai vorrei avere nulla da ridire su Fenriz e Nocturno Culto. Hanno fatto della guerra ai suoni plastificati e finti una bandiera, hanno saputo costruire su un passato leggendario e distaccarsene, sono un esempio fulgido di coerenza e attitudine. Il nuovo disco però dice poco di nuovo, dopo diverse evoluzioni, si sono definitivamente standardizzati su musica che sembra uscire direttamente da un bunker svizzero della prima metà degli anni ’80. Veri e genuini fino al midollo, però riscrivere per l’ennesima volta “Morbid Tales”, con tutto il bene che gli voglio, comincia a mettere a dura prova l’ascoltatore.

Mountains: Tides End

Un ottimo disco questo, ce ne era bisogno. I Mountains, trio da Londra, propongono la loro formula: semplice ma non scontata. Immaginate un doom dinamico e melodico, per quanto possibile loro lo incarnano perfettamente… Un piccolo prodigio: la batteria è l’elemento che lascia maggiormente incuriositi: estremamente presente, crea uno scenario inaspettato e perfettamente contestualizzato (mi vengono in mente i Mastodon meno arzigogolati), i passaggi acustici e voce riportano la barra al centro della melodia e le chitarre ruggiscono dal profondo. Un risultato niente affatto facile da ottenere. Per me sono da applausi, oltretutto con una copertina spettacolare.  

Duocane: Teppisti in azione nella notte

Da Bari con furore. Già il nome potrebbe dare adito a fraintendimenti di sorta (nessuno si azzardi a cambiare una vocale), poi la proposta si muove tra il serio, la musica, con delle soluzioni molto interessanti con un’ amalgama di stili ed influenze molto personale e il faceto, i testi, con una vena ironica delicatissima. A me sono venuti in mente i mai troppo lodati Zu, soprattutto in “Old man yells at clouds”, ma lo spettro sonoro è veramente ampio, considerate anche le ospitate di altri musicisti che completano l’opera.

Noise, sludge, math, hardcore… Basso e batteria: che spettacolo!

Musica scoperta anche grazie a Il raglio del mulo e Blogthrower lì troverete due gustose interviste…

Dal vivo

Aver perso la recente data milanese dei Godspeed you! Black Emperor (o ovunque abbiano deciso di mettere il punto esclamativo) mi è dispiaciuto: purtroppo a volte dopo un lunedì lavorativo farsi, tra andata e ritorno, tre ore di auto con la prospettiva di un intera settimana ancora davanti non aiuta a decidere positivamente. Avevo già avuto due occasioni di vederli dal vivo e restare coinvolto dalla loro grandissima forza corale, dal loro strenuo continuum sonoro che dal vivo si esalta oltremisura. Mancata l’occasione ne colgo un’ altra per mettere su queste pagine qualche considerazione sui gruppi che vanno assolutamente visti dal vivo. In molti casi ben poco di quello che potete sentire su disco sarà in grado di rendere un’ idea di quello che vi aspetta in sede di concerto. Con questi gruppi infatti, ciò che hanno dato alle stampe lambisce appena le emozioni che sono in grado di suscitare nel momento in cui salgono sul palco.

Einstürzende Neubauten: Un bel giorno arriva il momento nel quale uno fa finta di suonare la batteria con  le pentole, l’abbiamo fatto tutti. Ma l’arte suprema del Signor Bargeld e soci sta nel portare tutto ad un livello sublime utilizzando letteralmente qualsiasi cosa come strumento a percussione, facendo suonare saldatori e molle, tubi di plastica ed aria compressa, inventandosi letteralmente gli strumenti in officina e creandogli attorno una proposta musicale che funziona con tanto di cantato in tedesco. Basta ed avanza a far crollare la mandibola… solo che poi si finisce per chiedersi come porteranno tutto questo dal vivo. Io sinceramente mi aspettavo di rimanere deluso: nemmeno per idea. E’ la loro dimensione congeniale, fanno tutto come e meglio che su disco, con una naturalezza disarmante. Su tutti svetta Blixa: quando urla ti fa rizzare peli che nemmeno sapevi di avere, ma il resto del gruppo segue a ruota con una resa sonora che ha dello stupefacente se consideriamo quello che suonano: il palco è una ferramenta ricoperta da microfoni in ogni dove. Forse su disco non si apprezzano altrettanto bene perché non si ha un’idea effettiva di cosa facciano mentre suonano, mentre dal vivo è tutto lì davanti ai tuoi occhi esterrefatti: incredibile. Catturano la tua attenzione come gli sarebbe impossibile fare su disco e suonano come degli dei.

Si vocifera di un nuovo disco nel 2020, speriamo ne segua un tour!

 

Zu: Anche su di loro mi sono già sperticato in lodi più volte, probabilmente (anche per questioni di comodità) sono il gruppo che ho visto più volte dal vivo in senso assoluto e quindi posso ben dirmi esperto delle loro esibizioni live. Già in studio hanno dato più volte prova della loro maestria, dal vivo risultano esplosivi, sia che si esibiscano da soli che in compagnia (negli anni li abbiamo visti con Mike Patton, Joe Lally ed altri) la loro proposta musicale diventa una scheggia impazzita che finisce per afferrarti i sensi e farti concentrare su quell’amalgama assoluta di suoni. Assolutamente da vedere, adesso che è tornato anche Jacopo Battaglia alla batteria e si è aggiunta una chitarra non ci sono scuse che tengano: Nell’ultimo concerto a Torino dissero, usando un francesismo, che non avrebbero più suonato “Carboniferous” perché si sono rotti il cazzo: speriamo che questo implichi nuovo materiale presto…

Godspeed you! Black emperor : L’ ensamble canadese rappresenta la supremazia assoluta della musica: minime concessioni ai singoli strumentisti e impatto corale debordante. Si muovono in sordina entrano sul palco trafelati e silenziosi come ombre e dal silenzio parte la loro progressione sonora senza eguali. Il termine “progressivo” è forse quello che li descrive meglio, ma nella sua definizione originale che poco ha a che fare con l’idea che ci si è fatti di questo termine per definire un genere  negli anni ’70. Pulite lo schermo da idee preconcette i GY!BE le trascendono con una naturalezza impressionante, la loro progressione significa proprio partire dal silenzio per arrivare ad un estasi sonora con pochi eguali nella scena attuale, tanto che vedendoli dal vivo (e azzardando un paragone) la cosa che mi sembra più vicina a loro potrebbe essere il “Bolero” di Ravel traslitterato secondo una decodificazione moderna, elettrica e appassionata:  un crescendo travolgente di emozioni.

Una componente aggiuntiva notevole è inoltre quella visiva: in particolare in una occasione si portarono dietro un proiezionista che mandava spezzoni di film in 8mm come farebbe un dj con la musica, avendo a disposizione diversi proiettori. A un certo punto cominciò ad aggiungere effetti (lenti), filtri, a far bruciare la pellicola creando un’atmosfera assolutamente unica.

 

Sunn O))): Qui siamo all’apoteosi, al punto che uno finisce per comprare i vinili per dare supporto al progetto, li ascolta anche, ma da quando li ha visti dal vivo, sa che nulla è in grado di eguagliare quell’esperienza unica, quel momento estetico di creazione di realtà parallele senza spazio e tempo. Le luci, il fumo, le vibrazioni, l’ aura di un concerto dei Sunn O))) non possono essere riportate su supporto fisico. Occorre esserci e perdersi. Visti nelle situazioni più incredibili (in carcere a Torino, nel labirinto in Emilia, in un cinema di Losanna) ogni volta è un viaggio, ogni volta una scoperta. La prima volta a Bologna c’era di che essere sconvolti, solo in due sul palco produssero una tale ventata sonora che occorreva aggrapparsi per stare fermi, con tutti gli organi interni in vibrazione… Potrei stare qui per ore a parlarne e comunque non riuscirei a rendere l’idea. Il prossimo gennaio saranno a Trezzo, un po’ di delusione per il locale, fin troppo convenzionale, però ho già i biglietti in tasca.

N.B.: Ho lasciato fuori gruppi assolutamente meritevoli come Neurosis, Tool, High On Fire, Melvins etc… non perché vederli dal vivo non sia intenso o emozionante, ma perché non mi ha spiazzato così tanto rispetto a sentirli su disco (a parte l’aspetto visivo degli show dei primi due che è assolutamente notevole), qui ci sono gruppi che dal vivo assumono una statura tale che è quasi inimmaginabile sentendoli su disco.

10 anni dopo Carboniferous: la vera eccellenza italiana!

Vista la pochezza dell’offerta musicale attuale, spesso si è costretti a guardare indietro per trovare dei lavori che veramente abbiano rappresentato un significativo apporto alla causa della musica. Su “Carboniferous” degli Zu mi auguro non ci siano dubbi. Dopo dieci anni i romani tornano a riproporre quello che, probabilmente, risulta essere il loro lavoro più popolare dal vivo e l’occasione è clamorosa perché alla batteria torna a sedere, dopo anni di defezione, il Signor Jacopo Battaglia. Un mostro di bravura, stile, potenza e tecnica. Ho visto gli Zu con almeno tre batteristi diversi e, per quanto tutti bravi, Jacopo è IL loro batterista e non si discute.

20090519_220308

Personalmente non ho mai avuto ben chiare le motivazioni della scissione, tuttavia solo rivederlo dietro ai tamburi mi rincuora, vederlo agitarsi con le bacchette in mano, mi rimette in pace con il mondo. Quanto ci sei mancato Jacopo. Alla fine gli avrei anche fregato le bacchette, ma  mi son trovato davanti la batteria e mi sembrava di profanarla. Ci ha comunque pensato una ragazza, senza troppe remore reverenziali.

Tutto questo, forse, andava scritto alla fine. Questo è stato un concerto voluto, bramato, inseguito fin dall’annuncio, dato con mesi di anticipo. Lo Spazio 211 (locale cui siamo affezionati da anni dopo averci visto Suffocation, Unsane, Electric wizard, Neurosis, Isis et cetera) finalmente si risolleva da un torpore atarassico e propone una serata degna di questo nome (magari poi vedremo se presenziare anche per The Messthetics di fugaziana sezione ritmica).

20090519_223750

Gli Zu, come i Sunn 0))) o gli Einstürzende Neubauten, sono un gruppo che VA VISTO DAL VIVO. I dischi vanno bene, ben fatti anche dal punto di vista estetico, ma la fisicità di un loro live è un’altra cosa. Sono di un’intensità senza pari o quasi. Suonano per circa un’ ora e non fai nemmeno in tempo ad accorgerti di quanto siano bravi talmente ti lasciano senza fiato. Seguirli mentre suonano ipnotizza e la musica diventa una scheggia impazzita che rimbalza da ogni parte mentre tu tenti di seguirne invano la traiettoria come farebbe un gatto con un puntatore laser. Ed il bello è che, come nel caso del felino, ti sembra la cosa più emozionante del mondo. Come per gli altri due gruppi citati in precedenza, la mia sensazione, quando si assiste ad una loro esibizione, è quella di essere trasportato in un altrove fantastico dove, per la durata del concerto, esistono solo la musica, lo stupore e la meraviglia. Qualcosa di molto vicino al concetto di felicità. Se non proprio ad uno stato di grazia.

Basterebbe questo per parlare del concerto di ieri sera. Esibizioni come le loro ti ricordano perché ami così tanto la musica, cosa di essa ti smuove così tanto l’anima. E’ qualcosa che, se non lo provi, non lo puoi spiegare. Ma è dannatamente reale.

Stasera Jacopo è loquace: presenta i brani come se fossimo a sanremo e l’ospite Stefano Pilia risulta, senz’altro, un gradito inserimento… poi ad un certo punto dichiara “questa è l’ultima volta che sentite Carboniferous a Torino” gettando tutti nello sconforto. Finché un valoroso lo prende in contropiede “Vi aspettiamo a Grugliasco!!!!”. Anche a Biella, quando volete!

Postilla: Questo post era nato come un immenso pippone sul fatto che i concerti di grandi dimensioni sono pessimi: costano un sacco di soldi, sono male organizzati, spesso con suoni indecorosi e gruppi bolliti da seguire magari solo su megaschermo, asfissiati da troppa gente che se va bene poga, se va male ti prende a pestoni o a spintoni senza conoscere il passato glorioso del gruppo. Il tutto adesso viene reso ulteriormente inaccettabile con biglietti vip il cui prezzo rasenta la follia, per non parlare del bagarinaggio legalizzato del secondary ticket. Dopo aver assistito ai Sabbath sull’ asfalto nel ’98 ho chiuso con festival e megaconcerti… in giro c’è di molto meglio e alla fine se la gente non lo capisce, peggio per loro. Del resto quando continui a seguire un gruppo nonostante abbia usufruito dell’illegalità per poi scagliarsi contro di essa e nonostante 25/30 anni di dischi pessimi, te li meriti i metallica a 90€ (o anche dippiù).

Zu Live @ Magazzino sul Po 06/04/2017

Restando in argomento Italia, se c’è un gruppo di cui dobbiamo andare orgogliosi nel nostro paese sono gli Zu. Non li ho citati in precedenza perché, a ben vedere, sono una realtà piuttosto avulsa dal solito giro di squallidi gruppi proto-alternativi. Sono semplicemente sopra a tutti gli altri.

Dopo la separazione col batterista storico (Jacopo Battaglia) è seguito un lungo silenzio e poi il rientro con “Cortar Todo” e Gabe Serbian. A due anni di distanza, in occasione dell’uscita del nuovo “Jihator” unscito un paio di giorni or sono per l’etichetta degli Ulver, si ripropongono dal vivo a Torino con un nuovo oscuro batterista: Tomas Järmyr.

Il locale si trova sui murazzi e fa sempre una certa impressione trovarsi a breve distanza dal Po. Anche l’interno è piacevole, seppure un po’ risicato negli spazi, discretamente finto-rustico.

Ovviamente il concerto inizia in ritardo e non la faccio lunga come faccio di solito sul fatto che la gente lavora e magari si spara un centinaio di kilometri per raggiungere il posto etc etc etc… Ovviamente il gruppo di supporto non mi piace, oltretutto mi indispettisce il batterista con una maglietta dei dismember… alla fine non riesco nemmeno a trattenenermi e gli urlo anche di togliersela un paio di volte.

Fortunatamente gli Zu spazzano via tutto e mi ricordano nel giro di un paio di minuti perchè mi sto sorbendo tutto questo. Perché semplicemente sono enormi. Intensi, spietati, incredibilmente furenti. Un live compatto e dove anche le sbavature (minime sia detto) sono un valore aggiunto, perché altrimenti verrebbe da pensare che sono sovrumani. Il nuovo batterista sembra un mix incredibile dei due che l’hanno preceduto: la tecnica di Battaglia e l’ assalto continuo di Serbian, bravissimo benché io ammetta candidamente di non averlo mai sentito nominare prima.

Ho perso il conto delle volte in cui li ho visti dal vivo, credo di essere abbastanza nel giusto dicendo che sono il gruppo che ho visto il maggior numero di volte, ogni volta però torno a vederli e non smettono di entusiasmarmi. Oltre a questo hanno un attitudine encomiabilmente indipendente e fiera, una fiducia in loro stessi che forse ha anche vacillato ma che poi è sempre emersa. Sono dei grandissimi e c’è solo da essere orgogliosi di essere loro ammiratori accaniti.

Grazie di cuore!

Pugno

Pugno sost. m. s.: Giocando a nascondino o a qualsiasi altro gioco giovanile, dicesi pugno la richiesta di una pausa per forza di causa maggiore, madre che richiama il figlio, ferite accidentali, arrivo di un’automobile, scorrettezze varie palesate.

Non so quanti, ai giorni nostri siano ancora a conoscenza di questa vecchia definizione dello status di “pugno” ma questa volta devo chiedere pugno. Perché venerdì sera allo spazio 211 mi sono accorto di aver preso una cantonata. Il concerto in questione è quello dei romani Zu.

Se pensate che la componente nostalgica abbia avuto il sopravvento, posso rispondere con un laconico forse. il punto è che è stato un concerto di un’intensità rara ed io avrei dovuto saperlo che loro sono essenzialmente una live band, uno di quei gruppi che, dal vivo, rendono infinitamente di più che su disco, in fondo era solo la settima volta che li vedevo. Infatti li si aspettava al varco, loro e ovviamente il nuovo arrivato Gabe Serbian alla batteria. Lo so che non sono stato esattamente entusiastico nell’accogliere la sua venuta, dopo averlo visto suonare devo fare mea culpa, ed uno piuttosto grosso.

Forse non avrà l’estro e l’eclettismo di Mr. Battaglia, ma è selvaggio e dannatamente intenso. Di più: ha personalità da vendere. Non che l’avessi giudicato male in senso assoluto, piuttosto mi domandavo se fosse quello giusto, in realtà non è giusto o sbagliato è… diverso. Lo so che detto così suona come quando si cambia partner e si vuol fare i diplomatici. Non c’è diplomazia stavolta. Il loro suono si è trasformato e, se prima era obliquo, asimmetrico e difficile da far quadrare, in qualche modo, adesso è una mazzata in faccia.

Se, parlando del disco, mi sono permesso di rilevare che sembra molto più dilatato rispetto a predecessori, ora, parlando del concerto, non posso che dire che sono intensi al limiti dell’asfissia. Tolgono il fiato, hanno azzerato i fronzoli, forse sono meno ricercati e strutturati, ma sono una vera macchina, un assedio, una stretta al collo.

Tanto per essere ironici a un certo punto il nuovo arrivato perde una bacchetta in direzione del sottoscritto, il quale torna a casa con un souvenir di colui del quale aveva dubitato… come dire: hai ancora qualcosa da obbiettare, scettico? No no, per carità… PUGNO!!!

Gabe Serbian, Con mille scuse!

This is no ordinary drumming

Noto con dispiacere che ormai la cadenza dei post su questo blog sta diventando quasi mensile… la cosa mi rende triste e, non che io cerchi scuse, ma ci sono un paio di problemi di troppo a sbarrare la strada a una più prolifica produzione da parte del sotto scritto:

1. Lavoro al computer quasi otto ore al giorno tutti i giorni, ci implica che, giunta sera i miei occhi sono fatalmente fritti.

2. Bisognerebbe aver qualcosa da dire…

E sulla seconda purtroppo devo ammettere che sono in difetto io. Ogni idea mi sia venuta in mente nell’ultimo mese è stata quasi immediatamente cassata come: troppo banale, troppo vuota, …ancora?! o qualche felice espressione del genere.

Fortunatamente oggi sono in grado di parlare di un paio di cose nello stesso post.

Ne faccio uno solo perché si tratta di un comune denominatore che è la batteria.

Esiste un film sulla batteria jazz chiamato whiplash (ci deve essere almeno una canzone ed un gruppo metal con lo stesso nome…)

A priori ne consiglio la visione. Personalmente l’omaggio di questo film (come, in parte di “Cigno nero”) a Stanley Kubrick mi pare più che evidente si tratta di un’iniziazione dura e a tratti selvaggia. Solo che qui non si tratta di guerra, si tratta, come in “Cigno nero”, di arte e, personalmente, si tratta della forma più alta d’arte: la musica.

La storia è piena di musicisti violenti: di pazzi visionari che inseguono uno spettro, quello dell’esecuzione perfetta. Personalmente sono uno sfascia carrozze, non ho nemmeno mai pensato a me stesso come un musicista. Sono uno che ama la musica, la ama con tutta l’anima. Per questo non posso essere un musicista. L’amore è troppo irrazionale per una cosa quadrata e perfetta come lo è la musica ad altissimo livello.

La metrica perfetta uccide il sentimento nella maggior parte dei casi, io l’ho sempre pensato. La passione non può nutrirsi di perfezione, non conosce regola o, se la conosce, la rompe. Questo non significa che la perfezione e chi la persegue non meriti rispetto ed ammirazione, esattamente come da non credente, io abbia un rispetto (poco palesato, ma assai presente per la verità) profondo per la fede.

Ma parlavamo del film: il suo pregio più alto per conto mio è il ritmo. Il che, essendo un film su un batterista, è assolutamente encomiabile. Impossibile non partire a tamburellare ovunque durante la visione, con tanto di air drumming forzatamente non enfatizzato come si converrebbe. Il film ti afferra e ti getta a forza nel suo mondo, nel vortice di pazzia che avvolge e travolge tutto ciò che è musica e ciò che non lo è. E’ un bel crescendo, e sale col passare del tempo.

Ovviamente non ha la maestria assoluta del maestro, tuttavia funziona bene. Non finisce per essere drammatico e senza speranza, non si muove nei meandri della desolazione di un mondo senza umanità: non uccide, ma ci manca poco.

La seconda cosa a proposito della batteria è questa:

Ovvero una delle eccellenze musicali italiane che ritorna sulle scene con un lavoro completo.

La vera questione da dirimere è: Gabe Serbian è in grado di rimpiazzare Jacopo Battaglia?

No.

Ma il gruppo ha ancora ragione di esistere?

Sì.

Hanno ancora tanto da dire ed il brano postato sopra ne è la primaria dimostrazione, dato che, per chi scrive, può entrare di diritto nel novero dei migliori brani mai prodotti dal gruppo. Poi io sono sempre stato un grandissimo ammiratore dl sig. Battaglia, quindi magari sono un po’ troppo severo, tipo Terence Fletcher. Eppure il mr. Locust è bravo fa anche delle cose interessanti ma, come dire, Battaglia era (è?) di un altro pianeta.

Detto questo il gruppo continua ad esistere e ne sono contento, il disco merita, le idee non latitano. Questo mi sembra, più che mai, il disco di Massimo Pupillo: prende in mano il gruppo e lo porta avanti con una fierezza ed un piglio che prima venivano più controbilanciati, forse, dai suoi compagni di avventura. Adesso chi emerge è lui, anche Luca T. Maj ha i suoi momenti, eppure quel che emerge da ogni solco è la sua presenza, i suoi effetti ed il suo basso.

A volte si indugia un po’ troppo in certi passaggi atmosferici che fanno perdere fatalmente di intensità al lavoro, questo va detto: una volta gli Zu erano tesi e corposi, non lasciavano tregua. Ora sono capaci di rilassarsi, di accogliere un approccio meno claustrofobico. All’ ascoltatore il verdetto finale. Personalmente è una nuova incarnazione che ci sta, ma che  non riesce a non farmi rimpiangere un poco il passato.

In ogni caso c’è da essere fieri di essere loro compatrioti. Forza Zu, sempre.

Ecco loro mi mancano

Jacopo Battaglia (Zu) live at Carnemvale MI
Jacopo Battaglia (Zu) live at Carnemvale MI

Non so, sarà la mia patria, sarà quello che volete ma a me gli Zu mancano. Sul serio. Erano uno dei pochi gruppi che mi rendevano fiero di essere italiano, erano uno di quei gruppi che mi ha fatto assistere ai suoi concerti in posti incredibili, come il glorioso Perchè No? di Verbania (ci suonarono anche i Converge!) con Joe Lally dei Fugazi, il festival Carnemvale a Milano, al Leoncavallo col sassofonista degli Stooges e i Flying Luttenbachers,  all’ O2 di Torino con Mike Patton (che era solito chiamarli “i miei italiani preferiti”), e dai diciamo anche all’ Hiroshima con un gruppo che ho amato detestare come il teatro degli orrori, per tacere delle luci della centrale elettrica. Anche a Venaria di supporto a Melvins/Fantômas big band, niente meno.

Alla fine Ero sempre lì per loro. Sentirsi dire da Jacopo Battaglia che poi, alla fine, “Carboniferous” potevo anche masterizzarlo, quando gliene chiesi due copie, oppure vedere Massimo Pupillo bucare il rivestimento fonoassorbente sul soffitto del Perchè No?, o Luca T. Maj che tamburella sul fido sassofono. Li ho visti davvero tantissime volte ed ogni volta mi sono divertito, una volta poi alla Rock’n’roll Arena ho anche ballato (io?) tutto il tempo. Che poi erano anche riusciti ad incidere con Steve Albini, a farsi pubblicare su Ipecac, a fare cose che nessun italiano ha mai fatto prima.

“Chiuso” in tedesco, ma anche “piede” in cinese, “testa” e “disegno” in giapponese. Zu in italiano. E mi mancano.

.

Anatomia di una battaglia persa

A volte ho la tentazione di considerare la mia vita una battaglia persa. A volte, come ora, ne sono sicuro.  A cosa serva poi studiarne l’anatomia mi risulta oscuro, ma tanto lo farò lo stesso -mi conosco bene, testardo idiota che sono- fino al parossismo. Come quando mi rosicchio le dita fino a vedere il sangue: strappi ogni piccola cuticola e loro continuano beatamente a riformarsi, ora dopo ora secondo dopo secondo.

Uno impiega una vita a capire chi è, a costruirsi impegnativamente una personalità perchè non sopporta l’idea di vivere trasportato dalla corrente di parole e consuetudini, non sopporta l’idea di essere guidato dagli altri nelle sue scelte. Costa fatica, concedetemelo… ebbene fa tutto questo per arrivare all’amara conclusione che ogni porta gli è stata chiusa in faccia: lavoro, affetti, soddisfazioni di qualsiasi tipo. Ok, non è tutto nero, ma grigio antracite sì, direi carbonifero, visto che siamo in tema.

Ed in testa questo marasma che non accenna a tacere, questa festa di dissonanze dodecafoniche sparate a tutto volume. Pensieri che non vengono mai a capo di nulla. Pensieri come scaglie di amianto, scaglie finissime, che si staccano dalla logica portante per conficcarsi in quell’alveolo più remoto del polmone senza possibilità di essere rimosse. Chissà che un giorno germoglino e finiscano per originare qualcosa di nuovo e migliore, di assolutamente adatto a questa realtà.

Per adesso vorresti solo fare, per la millesima volta, lo “zero”, trovare un minimo appiglio, un punto fermo dal quale ripartire, un po’ di conforto per l’anima. Vorresti avere solo gelo e neve attorno, visto che tutto il resto ti è clamorosamente negato. Ma neppure l’inverno fa il suo dannato mestiere.

Laura Filippi ART

Matite acquerellabili

a band a day.

www.daily.band

Doom Charts

A one-stop shop for the best new heavy albums in the world...

Nine Circles

We, The Blog

Sugli Anelli di Saturno

Camminare attorno al tuo pianeta

Shoegaze Blog

Punk per gente introversa

Less Talk.More Rock

ON THE SCENE SINCE 1994

miss mephistopheles

Satan Is A Lady

Head-Banger Reviews

Daily Reviews for the Global Domination of Metal and Rock Music

Un Italiano in Svezia

Le avventure di un emigrato

rockvlto

be rock be cvlt

Il Raglio del Mulo

Raccolta disordinata di interviste

neuroni

non so chi abbia bisogno di leggerlo

10.000 Dischi

I dischi sono tutti belli, basta saper coglierne gli aspetti positivi

Blast Off

How heavy metal reached the peak of its stupidity with me

Sull'amaca blog

Un posto per stare, leggere, ascoltare, guardare, viaggiare, ricordare e forse sognare.

Note In Lettere

Note in lettere, per l'appunto.

Blog Thrower

Peluria ovunque, ma non sulla lingua

Layla & The Music Oddity

Not only a music blog

.:alekosoul:.

Just another wanderer on the road to nowhere

Stregherie

“Quando siamo calmi e pieni di saggezza, ci accorgiamo che solo le cose nobili e grandi hanno un’esistenza assoluta e duratura, mentre le piccole paure e i piccoli pensieri sono solo l’ombra della realtà.” (H. D. Thoreau)

dirimpa.wordpress.com/

pensieri sparsi di una coccinella felice

Polimiosite: nome in codice RM0020.

La polimiosite è una malattia muscolare rara ancora poco conosciuta. Aiutami a informare e sostenere chi ne è affetto!!!

BASTONATE

Still Uncompromising Blog

metalshock.wordpress.com/

Perché la gente non sa che si perde a non essere metallari

Words and Music

Michael Anthony's official blog and book site

Fumettologicamente

Frammenti di un discorso sul Fumetto. Un blog di Matteo Stefanelli

Appreciation of Trevor Dunn

Appreciation of Trevor Roy Dunn, composer, bass and double bass player extraordinaire.

Briciolanellatte Weblog

Navigare con attenzione, il Blog si sbriciola facilmente

laglorificazionedelleprugne

perché scrivere è anche questo

ages of rock

Recensioni e pensieri sulla Musica Rock di tutti i tempi

Fuochi Anarchici

Fuoco fatuo, che arde senza tregua. Inutile tentare di estinguermi o di alimentarmi, torno sempre me stessa.

fardrock.wordpress.com/

Ovvero: La casa piena di dischi - Webzine di canzonette e affini scritta da Joyello Triolo