Esiste una cosa con la quale ogni metallaro deve fare i conti prima o poi. Non si scappa, soprattutto non ci fanno scappare da questa tematica i fatti di cronaca che inchiodano alcuni sedicenti ascoltatori di metal alle loro responsabilità che non possono essere eluse né dimenticate. È un fardello che chiunque asolti metal si vede costretto a portare e che viene raccontato da Antonio Cristiano (e collaboratori) in due podcast “Helvete” e “Bestie”. Ovviamente non ci sono solo quei fatti di cronaca, potremmo citare anche gli Absurd in Germania o altre situazioni che magari hanno avuto meno risalto da parte dei media.
Si tratta, riducendo la cosa ai minimi termini, dell’ omicidio di Euronimus (e di altri fatti legati alla scena norvegese come l’omicidio da parte di Frost e delle chiese bruciate) e dei fatti di cronaca legati alle bestie di satana in Italia (ancora omicidi, Chiara Marino, Fabio Tollis e altre morti collegate). Delle pagine oscurissime legate alla musica metal e dei risvolti giustamente indelebili nella memoria comune. Riascoltare quei podcast mi ha scatenato una serie di ricordi e qualche inquietudine. I ricordi sono legati essenzialmente al fatto di aver vissuto all’interno della scena in quegli anni, seppure molto di striscio rispetto ai protagonisti o a gente molto più a contatto con certe realtà. Nei primi anni dei ’90 ero a Milano praticamente tutti i fine settimana, ho frequentato tutti i negozi di dischi più famosi dell’epoca (da Maryposa al Soundcave, passando per Zabrinskie point e Supporti fonografici) e la fiera di Sinigallia, quando ancora era sui navigli, oggi mi fa tristezza. Ho corrisposto con gente da ogni parte d’ Italia e anche all’estero. Mi ricordo ancora quando comparse la prima recensione di “Deathcrush” su HM (era uno dei primi numeri che compravo), anche quello che pensai all’ epoca, qualcosa tipo: “chissà come fanno questi a essere così estremi… magari gli mando i soldi su in Norvegia” ma, alla fine, non lo feci mai. Ovviamente non sapevo nulla del satanismo, dell’ inner circle, di tutte queste cose.
Potevo finirci dentro anche io, senza problemi. Fortunatamente vivevo in provincia, avevo una famiglia che mi voleva bene e non mi interessava farmi di qualsiasi cosa birra a parte. Il satanismo mi faceva paura anche se consideravo l’iconografia lecita all’interno della scena. Pensavo (e in parte ancora adesso) che, per esempio, gli Slayer non potessero parlare dei fiorellini e di quanto è bella la vita. Per mille motivi la vita faceva schifo pure a me, mi disgustava la musica che ascoltava la gente comune, la dignità fatta di vuoto e l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto, per dirla con Guccini. Consideravo lecito ogni mezzo di ribellione: lo shock, la provocazione, l’estremismo. Per tanto anche andare in giro coperto di borchie, vestito di nero e con la faccia perennemente incazzata (ERO perennemente incazzato). Era un modo per respingere il mondo adulto, i non-valori della gente comune, l’ipocrisia delle istituzioni e della chiesa.
La mia attitudine però era più simile a quella di un Alice Cooper, di un Marilyn Manson (faceva molta più paura lui alle mamme del black metal). Interpretavo un personaggio, era qualcosa che davo in pasto agli altri: un’immagine dura, respingente, nervosa e fatta di spigoli vivi. Era l’espressione di un malessere adolescenziale che si è protratto fino almeno alla metà dei miei vent’anni. Era qualcosa da dare in pasto alla gente perché mi evitasse, era come fare una sorta di selezione all’ingresso perché ero disgustato dal quieto vivere e dalla cosiddetta normalità, per tanto tenevo la gente a distanza e facevo entrare solo poche persone accuratamente selezionate.
Oggi mi fa sorridere tutto questo anche perché non mi ha messo al riparo da nulla. Le delusioni sono comunque arrivate e fanno parte del gioco, pur nella loro ingiustizia. Occorre conoscere le persone, anche e soprattutto quelle che senti più simili a te, perché, potenzialmente, sono quelle che possono farti più male. Diciamo che ogni tanto lo faccio ancora, ma ora lo faccio per divertirmi, mi fa sorridere la faccia scioccata della gente quando li metto di fronte alle mie convinzioni, senza filtri. Allora prendevo le cose seriamente. A quanto pare però c’era qualcuno che le prendeva molto più seriamente.
I due podcast parlano esattamente di questo. Credo che siano sufficientemente attendibili, molti fatti vengono narrati esattamente come me li ricordavo, personalmente avrei preferito un taglio più neutro e giornalistico, direi quasi tecnico (mi ricordo per esempio il libro di Cristina Cattaneo che parlava con un linguaggio più appropriato): alcune cose sono troppo enfatiche e forzate. Mi vengono in mente per esempio le descrizioni delle copertine che mi hanno francamente fatto sorridere: sembra che siano chissà cosa, in realtà erano foto in bianco e nero di qualcuno con del trucco in faccia, nulla che i Kiss non avessero già fatto 20 anni prima.
Inoltre il metal non era (è) solo quello e la parte positiva la gente normalmente non ci arriva a capirla. Come fai a spiegare la gioia di un concerto di un gruppo che hai seguito da anni, trovare finalmente un disco che cercavi da una vita, vedere una persona dopo che vi siete scambiati cento e più lettere e scoprire che poi ci rimarrai in contatto per una vita, il sorrisetto che ti viene quando apri la porta di un negozio di dischi e vieni investito da una sventagliata death metal a centomila decibel, leggere un’ intervista e rivedersi nelle parole del protagonista stabilendo un ponte ideale che poi si ritrova nelle sue canzoni. Non sono cose che possano essere spiegate o chi sei dentro o non ci sei. Poi c’è chi va oltre e per questo è possibile solo rimanere silenti, al massimo farci dei ragionamenti che lambiscono certe sofferenze molto da lontano poiché c’è chi ci ha perso dei figli. Non ci sono foto e video in questo post anche per questo motivo.
Per il resto le ricostruzioni funzionano, vale la pena di parlarne ancora e di ripensare a quei giorni e alla follia di certi personaggi, se non altro per avere un’idea di cosa possano arrivare a concepire dei tardo adolescenti troppo coinvolti e succubi di certe sottoculture. Ovviamente vanno ascoltate con mente aperta e senso critico, spiace solo che chi ha vissuto di persona la scena abbia a disposizione molti più elementi per capire quelle storie fino in fondo, le persone comuni resteranno comunque allo scuro di tutto il contesto e di molti particolari.
Una nota inquietante per quanto mi riguarda è che andai al Midnight per la prima volta un paio di settimane prima che i corpi di Fabio Tollis e Chiara Marino venissero ritrovati… non ci sono mai tornato.