Nessuna differenza

Vista la tematica di questo post, dovevo mettere qualcosa di bellissimo in apertura, perché da qui in poi la tematica si fa pesante per usare un eufemismo. Avrei voluto tornare a scrivere trattando qualcosa di bello ma la realtà ha di gran lunga tarpato le ali a ciò che speravo per il rientro su queste pagine.

Dicevamo: prima la bella notizia e la bella notizia è il video che potete vedere qui sopra i Botch, in occasione della ristampa del fondamentale “We are the romans”, hanno fatto uscire un brano nuovo. Un. Brano. Nuovo. Dei. Botch! Ed è pure un discreto calcio in faccia! Non significa nulla, non pare che vogliano tornare dopo più di vent’anni, ma era una cosa che non speravo più di vedere in vita mia. Una cosa per la quale posso solo ringraziare i suddetti, che in 2’13” letteralmente spazzano via tutti gli epigoni, tutte le parole, le congetture. Che bellezza.

Però adesso il vero argomento.

Non nascondo lo sgomento. Non nascondo il disgusto. Non nascondo il terrore.

Scott Kelly ha commesso degli abusi nei confronti della sua famiglia, per sua stessa ammissione. Dovrei fermarmi qui, non avendo degli elementi concreti per continuare a scriverne. Non mi interessa buttarmi come un avvoltoio sulla notizia. Non mi interessa fare congetture e nemmeno giudicare la persona. Non mi compete e ci sono già fin troppi personaggi che si sono scagliati con forza sul cantante/ chitarrista americano dopo la sua recente ammissione su facebook. Sarebbe quasi superfluo dirlo ma è fuori discussione che certi atti vadano condannati senza se e senza ma. Mi permetto solo di fare qualche considerazione a margine di questo che, per me, è un punto fisso ed imprescindibile.

La notizia mi arriva assolutamente inaspettata. Mi ero perso le precedenti uscite di Kelly, nelle quali parlava di “malattie mentali” che avevano finito per coinvolgere la moglie e la famiglia. Kelly abbandona il mondo della musica in via definitiva, si chiama fuori, non essendo in grado di gestire la situazione, visto anche che molti fan sono arrivati a difenderlo cercando di addossare la colpa alla moglie. Mentre ciò che lascia ha un innegabile valore artistico (e, permettetemelo, umano) ciò che è si porta dietro una scia di insopprimibile angoscia ed orrore. La bibliografia è piena di artisti che da un lato producono cose assolutamente mirabili e poi risultano essere umanamente deprecabili a dir poco. Rimane indistricabile la dicotomia tra arte e tragedia. Può una prescindere dall’altra? Onestamente non lo so. Si potranno ancora ascoltare i suoi dischi senza pensare al dolore che ha causato? Francamente sarà difficile.

Mi ricordo di lui in una fredda serata, 25 febbraio del 2011, quando tenne un concerto acustico allo spazio 211 di Torino in solitaria. Spazzò via per un’ ora e mezza tutti i miei pensieri più orribili. Francamente non riesco ancora a concepire che, invece, sia stato lui stesso ora a generarne per altre persone. Non me ne capacito. Non ce la faccio. Mi riempie di tristezza e di sfiducia. Ho ancora il poster dell’evento  nella mia stanza da letto, mi ci è caduto l’occhio sopra ieri sera, non ho ancora avuto il coraggio di pensare se io debba toglierlo o meno. Non fa nessuna differenza. Forse la fa solo per me. Poco lontano anche il poster dell’estate prima quando venne con i Neurosis: in dieci minuti di concerto spazzarono via la concorrenza senza appello. Ora loro sono stati azzerati dagli eventi. Ma tutto questo continua a non essere importante, a non fare nessuna differenza.

Aggiornamento: Il gruppo ha ufficialmente preso le distanze dal proprio cantante/ chitarrista. Con un comunicato di ieri via facebook, comunicano di essersi separati già dal 2019, dopo tre anni in cui Kelly si era reso irreperibile non rispondendo ai diversi tentativi di mettersi in contatto effettuati dagli altri membri del gruppo. Erano a conoscenza dei fatti, non hanno emesso alcun comunicato ufficiale nel rispetto della privacy della famiglia Kelly. Il loro comunicato parla di onore e fratellanza, non risparmiando nulla all’ ex-compagno e condannando fermamente sia il suo comportamento sia l’ ipocrisia dimostrata nel tempo da una persona con cui hanno collaborato per più di 35(!) anni. Una brutta vicenda che purtroppo è ben lungi dall’essere conclusa, ma che, a mio parere, dovrebbe concludersi privatamente.

Ovviamente non fa nessuna differenza ma, alla fine di tutto, il gruppo lascia intendere che ci saranno ulteriori sviluppi, dal punto di vista musicale, ma che, ovviamente, non è questo il momento.

Absent In Body: Plague God

Absent in Body (Fonte Bandcamp)

Uno che cosa può mai pensare dei supergruppi? A volte cose egregie e a volte cose pessime. Quando è uscita fuori la notizia che per Relapse sarebbe uscito il primo lavoro degli Absent in body con dentro due Amenra, Scott Kelly e Iggor Cavalera (ma la seconda “g” c’è sempre stata?) la notizia è mi ha trovato impreparato. Tra Amenra e Scott Kelly le similitudini ci sono eccome, ma Cavalera? Come è arrivato a collaborare con gli altri tre? Dopo il bello ed estenuante “De Doorn” dello scorso anno non mi sarei aspettato che avessero qualcos’altro in programma, meno che mai cotanta collaborazione.

Che razza di disco ci si può aspettare? Qualcosa di profondo e livido, che tuttavia lascia intravvedere un tenue spiraglio di luce fioca. Le coordinate sono queste, c’è molto dell’oscurità sonora degli Amenra in questo disco, fortunatamente però non c’è solo quello. A colpire subito è l’uso della voce, quasi cavernosa ed intellegibile eppure perfettamente contestualizzata. Il resto è una orchestrazione mesta e greve, un viaggio in un tunnel imbrattato di caligine solo a tratti spazzata via dal vento che sveste la superficie. Prendete la magistrale “The acres/ the ache”, con quelle aperture nel finale che portano una luce iridescente un brano altrimenti impenetrabile. Sarò strano io ma questo disco a me emoziona e rende finalmente accessibile, sia pure a tratti, una musica che altrimenti può risultare affascinante ma corre continuamente il rischio di appesantire l’ascolto.

Il disco risulta essere dunque un esperimento riuscito: condensa in una durata ridotta una materia oscura sonora inquietante ed affascinate al tempo stesso, un suono che attrae e allontana al tempo stesso con il quale gli Absent In Body lanciano un macigno nello stagno e smuovono uno tsunami. Non è dato sapere se riusciranno a portare la loro musica dal vivo né se la collaborazione avrà mai un seguito, tuttavia un segnale è stato lanciato nell’ etere… e si sente bello forte.

Gruppi ai cui concerti non vorresti assistere e concerti che vedresti all’infinito

Negli anni novanta esisteva una formazione milanese che si vantava, probabilmente essendo nel giusto, di essere tra i pionieri del thrash metal in Italia. Tale formazione aveva un chitarrista che era facile incontrare, nel ruolo di intortatore, in un altrimenti mitologico negozio di dischi sotto il Duomo a Milano. Il “Maryposa” era (ed è!) un posto fantastico (sono onorato di citarlo nelle mie umili pagine): i due commessi storici, che credo ci siano ancora, erano competenti e simpatici… perché volessero servirsi di un simile individuo mi è oscuro. Saccente ed insistente, ostenta il suo successo locale e cerca di propinarti i dischi che piacciono a lui, se non proprio quelli del suo gruppo. Non succede solo questo:

Evento n. 1: Concerto dei Metallica allo stadio delle alpi (To) nel ’92: un’occasione fantastica, gruppi enormi nel bill (Voivod, The Cult, Suicidal Tendencies e, incredibilmente Megadeth che paiono aver fatto pace con il gruppo di punta). Notizia spiacevole: I Voivod danno forfait… e a sostituirli il suddetto gruppo milanese. Dopo una mezz’oretta di scimmiottamenti ai Pantera la loro esibizione finisce e, più tardi, hanno pure l’ardire di pubblicare un EP con la registrazione del concerto e alcune foto che li ritraggiono immersi in un bagno di folla evidentemente non intervenuta per loro. Va bene.

Evento n.2: Negli anni ’90 al parco Acquatica di Milano si svolgeva un grosso festival chiamato Sonoria (sono sicuro di due edizioni, ma potrebbero anche essere state tre o quattro), di solito aveva lo sgradevole, almeno per il sottoscritto, vizio di mettere insieme gruppi che non c’entravano nulla ma un anno propone un programma di tutto rispetto: Pardise Lost, Rollins Band, Danzig, Primus, Faith no more. Se non che il giorno stesso (internet era un miraggio e l’organizzazione italiana di certi eventi ha sempre lasciato a desiderare) si apprende che Danzig e Primus danno forfait e… indovinate un po’ chi prende il loro posto? Ma certo! La suddetta band milanese e Paul Weller (PAUL WELLER?!?!?!?).

Innanzitutto su biglietti campeggiava la scritta: “in caso di rinuncia di uno dei gruppi, la sostituzione avverrà con un gruppo di pari livello”… che fate, prendete in giro la gente?! E poi chissà perché sempre lo stesso gruppo chiamato a tappare i buchi. Misteri sepolti nel tempo.

Misteri che continuano anche oggi, nel giro di pochi mesi mi sorbisco due volte un gruppo nei cui componenti milita qualcuno coinvolto con la grafica di taluni manifesti dei concerti, fortunatamente l’altra sera arrivo in ritardo e me li risparmio.

Scusate, sono un sonicopatico e divento di pessimo umore (tra l’imbufalito e il nevrotico) se devo sorbirmi musica che detesto… non che normalmente sia una persona solare e di ottimo umore, chiaramente. Tuttavia è incredibile come, nonostante proprio non ti piaccia la loro proposta musicale, certi gruppi ti risaltino fuori solo perché qualcuno li ritenga simili ai tuoi gusti musicali. Credo sia lo stessa ragione per cui gli algoritmi dei social falliscono spesso inesorabilmente.

Fortunatamente un valido motivo per sorbirsi certi gruppi c’è: il gruppo principale della serata, ovviamente. Nel caso dello scorso venerdì sera i Neurosis. ho fatto pochissime foto, un po’ per l’assenza di memoria nella scheda della fotocamera un po’ perché, una volta tanto, mi sono goduto il concerto. Credo che sia circa (?) la quarta volta che li vedo e non deludono mai. Sono uno dei pochi gruppi in grado di trasportarti in una dimensione parallela con una energia intrinseca tale da ammutolire. Mi ricordo un paio d’anni fa, dopo 10 minuti ritrovarsi a pensare che avevano già polverizzato tutto quello che ti era capitato di vedere quell’anno. Questa volta si fanno ben pagare (35 sudatissimi euro) e sono supportati, oltre che dai suddetti, anche dagli Yob che non faccio parimenti in tempo a seguire. Stare qui a fare la telecronaca del concerto è inutile, posso solo dare un consiglio, per quel che può valere: andateli a vedere, fatevi questo piacere.

Dall’apertura affidata a “A sun that never sets” a quando Scott Kelly se ne esce zoppicando vistosamente (!) sono coesi, concreti ed incredibilmente intensi. Ecco: se non avete idea di cosa sia un concerto intenso, vado sul sicuro a consigliarvi una loro performance. Nonostante da più parti li accusino di un certo immobilismo creativo, di avere delle tempistiche da pachiderma per dischi e tour (vengono in Italia senza un disco da promuovere…) non stateli a sentire: non sono più dei giovincelli, hanno lavori e famiglie cui badare (lo stesso Scott è una specie di patriarca), abitano in diversi stati e tutto questo ne limita l’azione, ma quando si riuniscono su un palco è pura magia. P1020587

 

Rituali

Recarsi ad un qualsiasi concerto, per quel che mi riguarda, significa seguire precisi rituali, anche scaramantici. I biglietti rigorosamente in mano, gli anfibi d’ordinanza (i pestoni fanno un male cane), la maglietta da indossare, salvo inusuali eccezioni, di un gruppo diverso da quello che sto andando a vedere (e possibilmente con poca attinenza al medesimo), il viaggio pianificato (mappe, GPS, serbatoio pieno, info sulle condizioni della strada etc…), macchina fotografica, tappi auricolari, cappello anti-scottatura se il concerto è all’aperto: insomma ci siamo capiti.

Non mi curo delle proteste di chi non capisce l’utilità dei tappi, posso solo consigliare un concerto dei Sunn 0))) senza e fare tanti auguri! Personalmente non mancano mai da quando, dopo il mio primo concerto, rimasi tre (3) giorni con un fastidiosissimo fischio continuo nelle orecchie… quindi, sì sì fate pure i fighi e non indossateli, ma niente udito, niente rock’n’roll. Vi rimangono il sesso e la droga: peccato che, per il primo, vi necessiti un’altra persona (e non lo darei per scontato), per la seconda, la vostra salute possa risentirne. Io rimango per il libero arbitrio ma tengo in considerazione anche il fatto che, se divento sordo, mi tocca disfarmi dei miei gioielli sonori e questa è una eventualità che non deve assolutamente presentarsi. Poi assistere al concerto con la maglietta del gruppo che suona è una cosa troooppo scontata quindi niente da fare, non mi piace confondermi nella folla e mi è anche capitato di attaccare dei bottoni interessanti grazie alle magliette fuori luogo.

Un’altra cosa fondamentale è organizzare gli spazi: le tasche devono assolutamente bastare per tutto. Ricordo bruttissimi momenti legati ad aver introdotto uno zaino ad un concerto, se iniziano le ondate di folla, la gente tende ad appendersi e a tirarti verso il baratro nella speranza che tu sia solido. Io, di mio, mi reputo abbastanza solido ma, una volta, mi sono ritrovato con una pletora di energumeni attaccati alla schiena e son finito sotto. A parte lo spettacolo grottesco di centinaia di arti inferiori che ti sovrastano, diciamo che tendi ad asfissiare ed hai la terribile sensazione di inalare aria ma non ossigeno! Inoltre non riesci a trovare la forza di tirarti nuovamente in piedi. Non ti resta che sperare in una qualche anima pia che allarghi la folla e ti allunghi la mano per tirati in piedi. Io la mia l’ho trovata: era ad un concerto dei Cure.

Neurosis
Neurosis

Tutto questo per dire che giovedì prossimo suoneranno questi signori vicino a Linate ed io non ho in mano i biglietti, non so chi venga e non mi sono organizzato per nulla. Sarà una cosa dell’ultimo momento, sperando che il fido compare, o magari qualche altra strana creatura, non disdegni di accompagnarmi. Visto il calibro del gruppo in oggetto direi che potrei anche fare l’insano gesto ed andarci da solo, ma sicuramente non sarebbe la stessa cosa… in certi casi (e con certi gruppi) il bassistico duo non dovrebbe dividersi… l’ultima volta siamo andati assieme ed è andata così:

[youtube http://www.youtube.com/watch?v=L8-dVY9EIaI]

direi che non è il caso di rompere ulteriormente le tradizioni!

Neurosis: “Honor Found In Decay”

Neurosis 2012

Ai suma da bun! Ci siamo davvero! Recensire il nuovo disco di uno dei gruppi che maggiormente stimi, è davvero un’impresa simile ad attraversare un campo minato, è sicuramente qualcosa che ti mette a dura prova. Soprattutto se hai fatto di tutto per restare impermeabile alle altre recensioni che hai letto, se ti ci sei messo di impegno per cancellare dalla mente l’affetto che provi per i personaggi coinvolti, se ti sforzi di non tener conto delle emozioni incredibili che sono stati in grado di regalarti su disco e, a maggior ragione, dal vivo.

Dopo cinque anni, l’attesa era palpabile, l’ansia giustificabile. In seguito ad aver letto recensioni non sempre positive, approcciarsi al disco incuteva un certo timore perché essere delusi da un gruppo è come venire traditi da un amico, dopo riconquistarsi la fiducia è dura. Invece “Honor Found In Decay” è un disco che, seppure ascoltato ancora poche volte, mi convince e mi soddisfa. I detrattori siano avvertiti, non è poco, perché da un gruppo come i Neurosis ci si aspetta che mantengano gli standard ad un livello adeguato e così hanno fatto. Quando uscì “Given To The Rising” pensai che si stessero adagiando sugli allori, che ormai fossero soddisfatti del loro sound, che non avessero più nulla da dimostrare: era il classico disco dei Neurosis bello, in certi momenti (“The Water Is Not Enough” per dirne una) sublime, ma con qualche dubbio di fondo, circa il fatto che il percorso evolutivo straordinario che li aveva contraddistinti fin dagli anni ’90 avesse raggiunto la sua meta finale, rivelando una band eccelsa ma probabilmente un tantino statica.

Intendiamoci: stravolgimenti assoluti non ce ne sono ed è proprio stato questo uno dei fattori che mi ha fatto innamorare del gruppo: hanno una profonda coscienza della loro identità musicale e la mantengono ferma, muovendosi attorno ad essa. Ed è esattamente ciò che il nuovo disco fa e che era un po’ venuto a mancare nel precedente. Se siete fan soprattutto dei lavori come “Through Silver In Blood” o “Times Of Grace”, per non parlare dei precedenti, e pretendete un ritorno a quella formula roboante e fantastica resterete delusi e ben vi sta. Questo è forse il disco più accessibile dei Neurosis, è forse il loro lavoro che più di ogni altro ti permette di addentrarti maggiormente al suo interno, quello che oppone meno resistenza, senza dimenticarsi però che una volta dentro al loro immaginario sei in loro potere. Un po’ come fecero i russi con Napoleone, lo fecero entrare facendo terra bruciata dietro alla loro ritirata e lo lasciarono in balia del “generale inverno”. Adesso tanti auguri, scambiatela per debolezza e saranno problemi vostri.

Se da una parte ricorrono alla psichedelia, ai momenti acustici anche figli delle carriere solistiche del duo Kelly/Von Till e concedono più spazio alle tastiere di Noah Landis dall’altra il loro immaginario greve ed apocalittico non accenna a far filtrare il sole, non concede nulla alla speranza di un orizzonte meno plumbeo ed oppressivo, non arretrano di un millimetro. Le chitarre si prestano alla tattica ed aspettano nell’ombra che si presenti l’occasione giusta per assaltare l’ascoltatore, ci sono imboscate ovunque nello svolgersi dell’oretta nella quale sarete in loro balia. Non intendo aggiungere altro, se volete testarne la consistenza l’intero disco è in streaming nel sito del Roadburn Festival, un altro evento al quale sogno di partecipare, praticamente da quando esiste… peccato che non sia affatto semplice!

30 Ottobre 2012

Un nuovo disco dei Neurosis viene, a prescindere, salutato dalla monoredazione di xerosignal come un evento che, nella fattispecie, si materializzerà nella data sovraindicata. Registrato agli Elelctrical Audio Studios di Chicago dal divin prodttore Steve Albini… personalmente sono in ferventissima attesa….

Neurosis: Honor Found In Decay

Nel frattempo mi ripasso le immagini del loro concerto-capolavoro a cui ho avuto occasione di assistere l’anno passato allo spaziale festival a Torino il 20 Luglio:

B-R-I-V-I-D-I !!!

Laura Filippi ART

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a band a day.

www.daily.band

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Appreciation of Trevor Roy Dunn, composer, bass and double bass player extraordinaire.

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