Celestial season – Misterium III: Inutile negare che sono molto legato al gruppo olandese. Dopo aver fatto uscire “Solar lovers” avrebbero potuto fare qualsiasi cosa, li avrei seguiti ovunque. Quel disco è la mia gemma nascosta (alcuni illustri conoscitori di metallo millenial la ignorano, alcuni tra quelli più datati la conoscono): è una lettera d’amore alla musica tenuta in un cassetto. Detto questo, complice anche il roadburn, esauritasi la vena stoner di dischi come “Orange” e “Chrome” e dopo alcuni anni di silenzio, i nostri tornano sulla scena e al loro vecchio amore: il doom di stampo novantiano, con growl, violini e tutto. Si apre il tutto con un box dei tempi andati (invero molto bello), segue il discreto “The secret teachings” e poi questa trilogia “Misterium” che oggi arriva alla conclusione. Questo terzo episodio appare il meglio riuscito: pur mantenendo lo stesso canovaccio di base, emerge una maggiore messa a fuoco dal punto di vista compositivo ed un certo fervore esecutivo in più rispetto ai due capitoli precedenti, comunque godibili. Non riesco ad essere completamente obiettivo con loro, ma del resto questo è un blog e non una testata giornalistica, per tanto dico la mia e a me continuano a dire qualcosa, e anche di più.
Traiettoria – Prima di essere morti: Mi accorgo di questo gruppo di Padova con ben due anni di ritardo sull’uscita del loro disco ma ne voglio scrivere lo stesso perché ne vale assolutamente la pena. Un disco compatto, deciso, furibondo che combina HC di vecchia scuola con passaggi di chiaro stampo thrash metal, senza perdere di vista l’urgenza di brani che non superano i due minuti. Schegge impazzite, colpi di pistola, cunei sparati giù a frantumare. La scena ringrazia.
Zu – The lost demo: Dopo la riedizione (sontuosa) di “Bromio” adesso la subsound toglie polvere e ragnatele da questo demo dei ragazzi di Ostia. Ne valeva la pena? Anche qui sono di parte ma rispondo di sì. Le canzoni sono poche, da anni anelo a vedere un disco nuovo con la formazione classica (Battaglia, Pupillo, Mai) comunque sentirli suonare scatena sempre delle belle emozioni, anche trattandosi di un vecchio reperto debitamente restaurato. Ancora di più se pensiamo che molto di quello che faranno in futuro è partito da qui.
Nomeansno – Wrong: Qui non ci sono parole, una ristampa necessaria, di più: vitale. I Nomeansno sono leggenda. Questo disco è imprescindibile, come quasi tutti i loro lavori. Gente che ha portato l’ HC a livelli mai più raggiunti, pur rimanendo affine ai principi di base del movimento. Se non vi emozionano le prime note di “it’s catching up” siete senza speranza. Ogni ascolto è una scoperta di nuovi particolari, stavolta mi è apparso il fantasma degli Zu che sono stati visibilmente ispirati da questo gruppo di supereroi.
Julie Chirstmas – Ridiculous and full of blood: Ci sono alcuni artisti ai quali ogni tanto torno col pensiero per chiedermi che fine abbiano fatto, chessò Inger Lorre (prima nei Nymphs e poi autrice del bellissimo “Trascendental medication”), Chris Hakius (primo leggendario batterista di Sleep e Om), Jim Martin (chitarrista dei Faith no more) e, tra questi, c’era anche Julie Christmas.
Non sapevo cosa stesse facendo fino a ieri, poi mi sono ritrovato con questo disco nelle orecchie e un sorriso stampato in faccia. Figlio della collaborazione con i Cult of luna (che ritorna qui con un’ospitata di lusso) e della partecipazione al Roadburn, questo disco è il classico ritorno che non ti aspetti. Aspettavo Chelsea ed è arrivata Julie. Non che il disco della Wolfe sia da buttare, anzi, però quello della Christmas è inaspettato ed una bella sorpresa.
La sua voce a tratti bambina e a tratti nevrotica ritorna ancora a 8 anni di distanza dal disco precedente sul quale, sinceramente, si era posata fin troppa polvere. E d’un tratto ritornano in mente i Made out of babies e quel bellissimo disco chiamato “Mariner”. Ritornano alla mente e portano tanto altro ancora.
Perché fortunatamente questo è un disco che funziona. Fatto di sfuriate post HC, passaggi di psichedelica bellezza e vigore esecutivo indomito. C’è da chiedersi fin dove avrebbe potuto spingersi se solo fosse stata un pochettino più costante e prolifica, ma ai se putroppo non c’è risposta. Potrei parlare della proposta musicale, invece dico che non resta che farsi rapire dalle note e ringraziare di aver ritrovato un’artista come lei in forma smagliante.