2023

Arrivo a fine anno svogliato nel tirare le somme di quanto mi ha coinvolto durante lo scorso anno. È stato un anno con poche soddisfazioni vere, ma quelle poche autentiche e sentitissime. Per questo il listone si ferma a cinque nomi e un gruppone di inseguitori come direbbe il compianto Adriano De Zan. I primi cinque mi hanno fatto venire veramente una passione sconfinata nei loro confronti al punto che, in cinque momenti di quest’anno i loro dischi sono diventati un’ossessione e li ho ascoltati a ripetizione come non faccio da anni. Sono una delle persone con la soglia della noia più bassa che esista, per questo non ascolto mai troppo un disco cui tengo tanto: ho una paura tremenda che mi venga a noia.

Stranamente questi cinque dischi non solo li ho ascoltati tanto, ma non mi hanno nemmeno mai stancato. Sono cinque dischi a cui voglio bene, sono dischi del cuore. Detto questo prima ci sono gli inseguitori. Dei Turin horse non posso che parlare bene, sono intensi, personali e passionali. Da applausi, spero che continuino ed espandano ancora i loro orizzonti. Di PJ Harvey non devo essere certo io a scriverne, è un’artista che non ha bisogno di presentazioni, l’ultimo disco è oggettivamente bello, ma mi è venuto a noia prestissimo, mi sento quasi in colpa ma è così. Una bella sferzata me l’hanno data i Burner un ensamble albionico che davvero non le manda a dire, echi di furioso death metal, imbastardito con i Botch (sia sempre gloria a loro) e carico di groove, ogni tanto c’è davvero bisogno di bordate senza guardare dove. 20 minutes ovvero la Val d’ Ossola alla riscossa: dalle ceneri quasi disperse dei Diserzione rinascono in questa nuova formula molto urgente e rock’n’roll, divertenti e senza fronzoli. Ho avuto poi una bella rimpatriata a inizio anno con gli Obituary, mi fa sempre piacere ascoltare un loro disco e l’ultimo mi sembra anche uno dei migliori dell’ultimo periodo: Trevor Peres e i fratelly Tardy sono una certezza, anzi no, una leggenda. Ho avuto una sbandata anche per Great cold emptiness che mi sono piaciuti molto per la loro ispirazione trasversale, anche se quell’ultima traccia unz-unz mi ha fatto scadere un disco altrimenti veramente bello. Dall’intervista ai Carmona Retusa, ho tratto gli Strebla il loro disco è antecedente al 2023, ma è stato un piacere scoprirlo e spero che facciano prestissimo uscire un seguito. Altra bella scoperta i Tar Pond dalla Svizzera, credo che non abbiano inventato chissà quale formula ma l’abbiano comunque fatta al meglio e la (lieve) somiglianza tra il loro cantante e il mai troppo compianto Layne Staley, devo dire, ha fatto la sua parte. Una mezza delusione, molto amara invero, me l’hanno data i Green lung: non che abbiano fatto un brutto disco solo che non mi fomenta come i precedenti: non escludo di poterlo rivalutare in futuro ma, ora come ora, non mi viene nemmeno voglia di ascoltarlo di nuovo. Ottimi gli TSUBO, autori di una bella prova spaccatutto con nulla da invidiare ai grandi nomi del Grindcore internazionale, anzi.

Una menzione d’onore per i Crushed curcuma che finiscono fuori dalla cinquina solo perché hanno confezionato un disco veramente eccellente ma che comunque ho ascoltato meno degli altri.

Bosco Sacro “Gem”: un disco che ha suscitato il mio interesse, ammetto, per il fatto che la loro cantante ha aperto qualche data ai mai troppo celebrati Messa. Però veramente una bella prova la loro, riminiscente dei Dead Can Dance ai quali però applicano un trattamento molto doom con suoni grevi ed atmosfere cupe e dilatate. Da rimarcare anche l’idea dei testi multilingue che si adattano perfettamente al contesto. Non è ancora chiaro se si tratterà di un episodio isolato ma, visto l’esordio c’è da augurarsi di no.

Motorpsycho “Yay!”: È una delle cose più difficili del mondo fare un disco positivo, leggero e solare che non risulti stucchevole o pieno di ipocrisie. ancora più difficile darlo in pasto ad un ascoltatore che mal digerisce la leggerezza come il sottoscritto. I Motorpsycho ci sono riusciti e con un risultato assolutamente maiuscolo. L’ennesima prova che sono un grandissimo gruppo che non si adagia sul proprio blasone ma è in grado di assumere una forma cangiante e sfaccettata, sempre di qualità altissima.

Carmona Retusa “Cento occhi urlanti”: Storia recente, disco atteso da anni e attese ripagate. La formula è sempre quella, le sfumature diffrenti ma attitudine e solidità da vendere. Un gruppo sincero e profondo che tiene duro in modo egregio. Cento occhi urlanti, una sola voce!

Sabbia “Domomental”: Più che un disco un compagno di percorso. Avvolgente e coinvolgente. Un’atmosfera densa voluttuosa come un rivolo di fumo e crepuscolare come un tramonto rosso sul deserto. Descriverlo diversamente mi riesce difficile: è una sensazione di meraviglia, una predisposizione spirituale… uno stato di grazia.

Stormo “Endocannibalismo”: L’avevo già detto quando uscì che era un disco del cuore. Ineguagliabili, intensi e implacabili. Una vera e propria tempesta sonora dalla quale è bellissimo farsi travolgere. L’unico peccato è che spesso non ci sono fonici in grado di esaltarli dal vivo, supereranno anche questo, ogni disco è un passo avanti verso l’eccellenza.

Mi restano da ascoltare con più calma: Deadly Carnage e Nothing/Full of hell. Promettenti, ma non ho ancora avuto tempo.

Cose ascoltate di recente (Agosto 2023)

Burner – “It all returns to nothing”: Un po’ di sana violenza senza compromessi messa in musica. Una volta si diceva botte da orbi. Colpire duro, senza guardare dove. Ne sentivo il bisogno. Non guardano dove perché basta menare e lo fanno bene, siano sprazzi di furioso death metal, sconfinamenti grindcore o passaggi pesantissimi, gli albionici non le mandano a dire. Riescono anche ad essere sufficientemente variegati da non annoiare, oltre che difficilmente inquadrabili ad un primo ascolto. Se il caldo vi fa saltare i nervi come a me, questa è la vostra colonna sonora.

Motorpsycho  – “Yay!”: Ecco, questa invece è l’altra parte dell’ estate. Quella in cui fa piacere la luce fino alle dieci di sera, la brezza dopo il temporale, l’aria fresca quando si intrufola in camera alle 5 di mattina. Un disco “leggero” ma non per assenza di contenuti, suonato quasi totalmente in acustico (il che di solito basterebbe a farmi passare oltre) ma ispirato e armonico, dall’ inizio alla fine. La spensieratezza messa in musica, un gentile promemoria necessario a ricordare che c’è un mondo fuori dalle consuetudini quotidiane e che, se ci si ferma ad osservarlo, può ancora essere fonte di meraviglia.

20 Minutes – “Crawl!” + “Totally Nonsense”: Ah che bello una band di Domodossola! All’interno dei confini regionali, considero il VCO la mia seconda patria quindi scoprire che c’è un gruppo di quelle parti che si esprime a certi livelli, non può che riempirmi di orgoglio. Avete mai pensato a un ibrido fra Rock’n’roll e Hardcore? Se non riuscite a immaginarlo (e anche se ci riuscite) dovreste ascoltare questo disco. Urgente, sfrenato e fiero, sono le prime cose che mi vengono in mente, un po’ come se Jerry Lee Lewis facesse una jam con Lemmy e con i Minor Threat. Sentiti complimenti, riuscirci in modo convincente non è cosa da tutti.

Ursular – “Preta”: Il disco più sottotono del lotto. Si inseriscono nel filone doom con altri strumenti, nel caso il sassofono che nonostante sia uno strumento che normalmente mi fa venire l’orticaria come le tastiere, ultimamente sto rivalutando moltissimo (anche grazie a Sabbia e Turin Horse). Quindi eccomi qui a dare una chance a questi tedeschi, che non sono male, ma nemmeno eccelsi. Mi sembra fin troppo evidente, sin dalle prime note, che si vogliano accodare ai Messa e la cosa alla lunga mi disturba oltremodo.

Great cold emptyness – “Immaculate hearts will triumph”: Si parlava di tastiere ed eccole qua. Solo che questa volta il risultato è assolutamente celestiale. Se siete dei puristi lasciate stare questo disco. Altrimenti gioitene. Partendo da un substrato black metal, i Great cold emptiness sono in grado di generare una musica avvolgente, a tratti addirittura sognante ed eterea come solo certo shoegaze (non è una parolaccia, almeno per me) sa essere. Intensi e vibranti (anche se poi c’è un uomo solo al comando…)  realizzano un disco di assoluta rilevanza ed in grado di ritargliarsi un suo spazio quando ci si predispone ai toni crepuscolari ed introspettivi che generalmente non sono propri di certe sonorità.

Intanto sta per uscire questo (13 settembre):

a questo gruppo voglio bene…

Laura Filippi ART

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