Arrivo a fine anno svogliato nel tirare le somme di quanto mi ha coinvolto durante lo scorso anno. È stato un anno con poche soddisfazioni vere, ma quelle poche autentiche e sentitissime. Per questo il listone si ferma a cinque nomi e un gruppone di inseguitori come direbbe il compianto Adriano De Zan. I primi cinque mi hanno fatto venire veramente una passione sconfinata nei loro confronti al punto che, in cinque momenti di quest’anno i loro dischi sono diventati un’ossessione e li ho ascoltati a ripetizione come non faccio da anni. Sono una delle persone con la soglia della noia più bassa che esista, per questo non ascolto mai troppo un disco cui tengo tanto: ho una paura tremenda che mi venga a noia.
Stranamente questi cinque dischi non solo li ho ascoltati tanto, ma non mi hanno nemmeno mai stancato. Sono cinque dischi a cui voglio bene, sono dischi del cuore. Detto questo prima ci sono gli inseguitori. Dei Turin horse non posso che parlare bene, sono intensi, personali e passionali. Da applausi, spero che continuino ed espandano ancora i loro orizzonti. Di PJ Harvey non devo essere certo io a scriverne, è un’artista che non ha bisogno di presentazioni, l’ultimo disco è oggettivamente bello, ma mi è venuto a noia prestissimo, mi sento quasi in colpa ma è così. Una bella sferzata me l’hanno data i Burner un ensamble albionico che davvero non le manda a dire, echi di furioso death metal, imbastardito con i Botch (sia sempre gloria a loro) e carico di groove, ogni tanto c’è davvero bisogno di bordate senza guardare dove. 20 minutes ovvero la Val d’ Ossola alla riscossa: dalle ceneri quasi disperse dei Diserzione rinascono in questa nuova formula molto urgente e rock’n’roll, divertenti e senza fronzoli. Ho avuto poi una bella rimpatriata a inizio anno con gli Obituary, mi fa sempre piacere ascoltare un loro disco e l’ultimo mi sembra anche uno dei migliori dell’ultimo periodo: Trevor Peres e i fratelly Tardy sono una certezza, anzi no, una leggenda. Ho avuto una sbandata anche per Great cold emptiness che mi sono piaciuti molto per la loro ispirazione trasversale, anche se quell’ultima traccia unz-unz mi ha fatto scadere un disco altrimenti veramente bello. Dall’intervista ai Carmona Retusa, ho tratto gli Strebla il loro disco è antecedente al 2023, ma è stato un piacere scoprirlo e spero che facciano prestissimo uscire un seguito. Altra bella scoperta i Tar Pond dalla Svizzera, credo che non abbiano inventato chissà quale formula ma l’abbiano comunque fatta al meglio e la (lieve) somiglianza tra il loro cantante e il mai troppo compianto Layne Staley, devo dire, ha fatto la sua parte. Una mezza delusione, molto amara invero, me l’hanno data i Green lung: non che abbiano fatto un brutto disco solo che non mi fomenta come i precedenti: non escludo di poterlo rivalutare in futuro ma, ora come ora, non mi viene nemmeno voglia di ascoltarlo di nuovo. Ottimi gli TSUBO, autori di una bella prova spaccatutto con nulla da invidiare ai grandi nomi del Grindcore internazionale, anzi.
Una menzione d’onore per i Crushed curcuma che finiscono fuori dalla cinquina solo perché hanno confezionato un disco veramente eccellente ma che comunque ho ascoltato meno degli altri.
Bosco Sacro “Gem”: un disco che ha suscitato il mio interesse, ammetto, per il fatto che la loro cantante ha aperto qualche data ai mai troppo celebrati Messa. Però veramente una bella prova la loro, riminiscente dei Dead Can Dance ai quali però applicano un trattamento molto doom con suoni grevi ed atmosfere cupe e dilatate. Da rimarcare anche l’idea dei testi multilingue che si adattano perfettamente al contesto. Non è ancora chiaro se si tratterà di un episodio isolato ma, visto l’esordio c’è da augurarsi di no.
Motorpsycho “Yay!”: È una delle cose più difficili del mondo fare un disco positivo, leggero e solare che non risulti stucchevole o pieno di ipocrisie. ancora più difficile darlo in pasto ad un ascoltatore che mal digerisce la leggerezza come il sottoscritto. I Motorpsycho ci sono riusciti e con un risultato assolutamente maiuscolo. L’ennesima prova che sono un grandissimo gruppo che non si adagia sul proprio blasone ma è in grado di assumere una forma cangiante e sfaccettata, sempre di qualità altissima.
Carmona Retusa “Cento occhi urlanti”: Storia recente, disco atteso da anni e attese ripagate. La formula è sempre quella, le sfumature diffrenti ma attitudine e solidità da vendere. Un gruppo sincero e profondo che tiene duro in modo egregio. Cento occhi urlanti, una sola voce!
Sabbia “Domomental”: Più che un disco un compagno di percorso. Avvolgente e coinvolgente. Un’atmosfera densa voluttuosa come un rivolo di fumo e crepuscolare come un tramonto rosso sul deserto. Descriverlo diversamente mi riesce difficile: è una sensazione di meraviglia, una predisposizione spirituale… uno stato di grazia.
Stormo “Endocannibalismo”: L’avevo già detto quando uscì che era un disco del cuore. Ineguagliabili, intensi e implacabili. Una vera e propria tempesta sonora dalla quale è bellissimo farsi travolgere. L’unico peccato è che spesso non ci sono fonici in grado di esaltarli dal vivo, supereranno anche questo, ogni disco è un passo avanti verso l’eccellenza.
Mi restano da ascoltare con più calma: Deadly Carnage e Nothing/Full of hell. Promettenti, ma non ho ancora avuto tempo.